Olio Extravergine di Oliva: tutto quello che c’è da sapere

Storia, Curiosità, Legislazione, Benefici, Mini corso di assaggio di oli di oliva

Mariano Pallottini
79 min readDec 3, 2019

Che cos’è l’olio extravergine di oliva?

L’Olio Extra Vergine d’Oliva è ottenuto dalla prima spremitura meccanica delle olive in un procedimento denominato a freddo, che non deve mai superare i 28° C in modo che tutte le proprietà e i sentori dell’Olio Extravergine di Oliva non vadano persi.

Quando si definisce olio extravergine di oliva?

Si definisce “Extra Vergine di Oliva” solamente l’olio ottenuto dalla prima spremitura di olive attraverso processi meccanici, senza ricorso a processi di altro genere, sostanze chimiche, in condizioni termiche massimali di 30°C e ambientali tali che non causino alterazioni dell’olio e la cui acidità libera, espressa in acido oleico, non superi lo 0,8%.

Qual è la differenza tra olio d’oliva e olio extravergine d’oliva?

L’olio extravergine di oliva possiede le caratteristiche organolettiche pregiate con la presenza di acido oleico al di sotto dei 0,8 grammi per 100 grammi. L’olio vergine di oliva è meno puro potendo essere realizzato con oli raffinati e oli vergini con un’acidità comunque non superiore al 2%, 2 grammi per 100 grammi.

Come si chiama il posto dove si fa l’olio?

Le olive, raccolte nei campi, devono essere poi trasformate in olio di oliva, è il Frantoio oleario, dotato di macchine olearie, detto anche “oleificio“ è il luogo di lavorazione.

Una piccola curiosità, al tempo stesso fondamentale, quindi una grande curiosità:

CURIOSITÀ

L’OLIO DI OLIVA E QUELLO DI PALMA SONO GLI UNICI OLI ALIMENTARI CHE SI RICAVANO DA UN FRUTTO, GLI ALTRI OLI SI RICAVANO TUTTI DA SEMI.

Un seme ed un frutto sono molto diversi fra loro. Un seme utilizza strategie più semplici per sopravvivere e continuare la specie che rappresenta. Un frutto deve farlo fino ad un certo punto, poi deve diventare appetibile, sacrificarsi.

In natura tutti gli esseri viventi posseggono delle strategie di sopravvivenza o conservazione, ciò che potremmo paragonare ad un sistema immunitario.

Un seme si autoprotegge con la quiescenza. La quiescenza del seme è definita come il periodo in cui le funzioni vitali del seme sono sospese o molto rallentate, detto anche periodo di riposo.

È la condizione in cui un seme non germina perché non sono favorevoli condizioni ambientali esterne (disponibilità di acqua, temperatura, ossigeno) per le attività metaboliche di quella specie. Il passaggio dalla vita alla quiescenza è caratterizzato da una progressiva disidratazione. Con la disidratazione le cellule del seme non necessitano di ulteriori strumenti di protezione.

Il frutto invece si autoprotegge con delle sostanze, nel caso dell’oliva le sostanze amare sono protettive ma anche funzionali. Ogni frutto deve farsi mangiare per raggiungere lo scopo di far depositare il seme il più lontano possibile. Se il seme non è ben formato il frutto cercherà di non essere appetibile fino a quel momento, ma allo stesso tempo dovrà cercare di proteggere quanto è già stato prodotto dalla naturale tendenza all’ossidazione.

Così, mentre l’olio d’oliva extravergine è ottenuto dal frutto dell’olivo con una prassi immediata e delicata, una tecnologia soft, gli oli di semi sono ottenuti con un intervento tecnologico più complesso che può includere un trattamento chimico, termico o meccanico o la combinazione dei tre.

L’olio extravergine d’oliva è un prodotto più vicino alla natura, molto più “naturale” degli oli di semi.

Prendete queste indicazioni e fatene tesoro. Vi occorreranno in seguito per meglio comprendere la natura delle cose e spiegarvi i perché.

Olivo origini della coltivazione

L’olivo selvatico

Non possiamo parlare di olio senza accennare prima all’oliva e ancor prima alla pianta, l’olivo.

Il nome olivo deriva dal greco elaìa e la pianta di olivo coltivato o domestico deriva dall’olivo selvatico o oleastro che cresce nei luoghi rupestri, isolato o in forma boschiva. I Greci conoscevano diverse varietà di olivi selvatici cui davano nomi diversi, agrielaìa, kòtinos, phulìa e dai loro minuscoli frutti si estrae ancora oggi un olio amaro apprezzatissimo, cosmetico, emolliente e nutritivo per la pelle, anti-age, utilizzato per i dolori reumatici ed ottimo antisettico, speciale su molti piatti.

Le ghirlande olimpiche in Grecia erano realizzate intrecciando rami di olivo selvatico.

I Romani invece, le riunivano tutte sotto la denominazione oleaster, che è poi quella passata nel vocabolario botanico moderno e gli imperatori romani tenevano da parte l’olio dai suoi frutti per uso personale.

Questi alberelli cespugliosi a foglia piccola parenti degli ulivi coltivati (che assumerebbero lo stesso aspetto se non soggetti a potature), erano spesso lasciati da parte dalle persone comuni che non ne conoscevano o apprezzavano gli usi alternativi. I minuscoli frutti degli olivi selvatici erano considerati non abbastanza redditizi da essere raccolti. Questo succederebbe anche oggi se la sua produzione non fosse più medicinale che alimentare e se il suo prezzo non si aggirasse sui 45 euro al litro. Occorrono da 4 a 6 kg di olive domestiche per produrre un litro di olio (0,92 kg), di olive di ulivi selvatici ne occorrono da 15 ai 20 kg, ovvero dalle 4 alle 5 volte tanto.

Gli uliveti coltivati, con una resa molto più elevata, dominano la produzione di olio d’oliva ma alcuni produttori stanno producendo con soddisfazione olio da questi olivi ampiamente trascurati.

L’olio degli ulivi selvatici ha un sapore particolare, un sapore diverso ma il sapore non è l’unico motivo per cui l’olio di olivi selvatici è commercialmente redditizio.

Ha, ovviamente, gli stessi acidi grassi, ma per quanto riguarda i composti fenolici e la vitamina E, ne ha una parte molto più grande. Gli antiossidanti sono molto di più tanto da fare di quest’olio un composto cosmetico e medicinale apprezzato.

La composizione fenolica degli oli da olivastri differisce notevolmente tra i campioni ed è stato possibile identificare due molecole di solito non presenti nell’olio extra vergine d’oliva: eriodictiolo e naringenina. Sono dei flavanoni composti polifenolici derivati dal fenolo. Mostrano proprietà antiossidanti, anticancerogene con la riduzione del rischio di cancro del colon-retto e stomaco e ictus. Si conoscono anche gli effetti ipocolesterolemizzanti e, più in generale, di protezione nei confronti della malattia coronarica.

Si ipotizza di utilizzare il potenziale degli olivastri, come risorsa genetica volta al miglioramento delle varietà coltivate, ma anche nella caratterizzazione degli oli locali. Una sperimentazione Cnr nei territori dove l’infezione da Xylella è più diffusa, nei comuni di Ugento e Gallipoli da ben 15 mesi e dopo cinque cicli di analisi queste piante risultano immuni da Xylella fastidiosa. Quindi, pensare di utilizzare il materiale genetico di olivi selvatici per migliorare e caratterizzare gli olivi domestici ha ancora più senso.

In Italia abbiamo produzione di olio da olivo selvatico in Sardegna, dove l’olivastro è chiamato anche “ozzastru” e “ogiastru“ ed è protagonista di giornate di molitura pubbliche come quella di Orosei “Giornata de su Uliveddu” in cui privati raccoglitori conferiscono le loro olive per la produzione.

La produzione di questo particolare tipo di olio, però, è concentrata soprattutto in Spagna dove l’olio di acebuche, così viene chiamato utilizzando termini berbero-arabi, è prodotto solo da pochi anni

I territori sono la Sierra de las Nieves, una riserva della biosfera dell’UNESCO, a metà strada tra Malaga e Marbella, lontana dal trambusto dei centri turistici del Costal del Sol. A Cadice, il territorio più a sud della Spagna, a Jaén, nell’Andalusia centrale e nell’isola mediterranea di Maiorca, dove gli acebuches sono chiamati “ullastres” in lingua catalana.

La dimensione è la principale differenza apparente tra le olive coltivate e quelle selvatiche. Le “acebuchine” sono molto più piccole e hanno una percentuale maggiore di nocciolo.

Il colore delle pasta di oliva è diverso, sebbene alcune cultivar producano polpe violacee, le olive selvatiche producono una pasta simile al sangue al sangue.

La brutta notizia è che nemmeno queste olive sono risparmiate dall’attacco della mosca olearia.

Olivo Domestico

La patria di origine dell’olivo coltivato va ricercata in Asia Minore dove è stata operata la trasformazione dell’oleaster in olivo domestico (odierna Siria). La forma spontanea rappresenta la popolazione originale (wild o selvatica) dell’Olea europaea europaea del Mediterraneo postglaciale, popolazione nella quale a partire da un’area compresa tra la Palestina ed il Caucaso si sono individuati, utilizzati e moltiplicati individui adatti a rispondere alle esigenze dei proto coltivatori, dando inizio ad una vera attività agricola organizzata.

La diffusione dell’olivo domestico ha poi subito una diffusione verso occidente.

In sanscrito nemmeno esiste la parola olivo e storicamente in India non era diffuso. Ancora oggi, le alte temperature ne limitano la produzione al solo stato indiano del Rajasthan che lancerà il proprio marchio di olio d’oliva con il nome di “Raj Olive Oil”. Il progetto pilota è iniziato nel 2008, quando 112.000 alberelli d’oliva provenienti da Israele sono stati piantati in 182 ettari di aziende agricole governative nel Rajasthan. Nel Rajasthan sono stati prodotti 4.500 litri di olio d’oliva, la coltivazione dell’olivo offre rendimenti per gli agricoltori tre o quattro volte più delle colture tradizionali come il grano e il miglio perlato. L’olivo è anche limitatamente coltivato per produrre il tè di olivo.

SEMITI:

  • 4000 a.C. — Per il popolo ebraico fu Dio a donare ad Adamo, ormai prossimo alla morte, i tre semi che il figlio Seth pose tra le sue labbra prima di seppellirlo e dai quali germogliarono il cedro, il cipresso e l’olivo.
  • 2800 a.C. — La colomba dell’arca porta a Noè un ramo d’olivo colto sul monte Ararat, montagna dell’Armenia.Essendo sempre verde è stato preso dagli Ebrei come simbolo della sapienza che rivela la via della Giustizia.

BABILONESI:

  • 1810 a.C. — Il codice di Hammurabi regolava la produzione e il commercio dell’olio di oliva.
  • I sacerdoti babilonesi lo utilizzarono per la predizione del futuro.

EGIZI:

  • 1300 a.C. — Gli Egizi commerciavano l’olio prima della XIX dinastia, i rami dell’olivo adornavano le tombe dei faraoni e utilizzavano l’olio per la mummificazione.
  • Gli Egizi rendevano omaggio alla Dea Iside, moglie di Osiride, per aver dato loro la capacità di coltivare il sacro albero di olivo.

GRECI:

  • 2000 a.C. — Raccolti noccioli d’oliva negli scavi del Palazzo di Tirinto.
  • 1200 a.C. — Nell’Odissea, troviamo scritto che Ulisse aveva intagliato il suo letto nuziale in un enorme tronco di olivo. Ulisse avrebbe compiuto la strage dei pretendenti il giorno 16 aprile 1178 avanti Cristo, la data che è stata calcolata in base ad alcune considerazioni astronomiche che Omero include nel suo poema.

FENICI:

  • 1100 a.C. — I Fenici e i Cartaginesi fecero commercio di olivi e di olio per tutto il bacino del mediterraneo. La vocazione commerciale e marinara del popolo fenicio è fenomeno conosciuto sin dall’antichità, documentato sia dalle fonti orientali, come la Bibbia o il racconto egiziano delle avventure di Wenamun (prima metà dell’XI sec. a.C.), sia dalle fonti classiche.

ROMANI:

  • 730 a.C. — Si narra che Romolo e Remo, discendenti degli Dei e fondatori di Roma, videro la luce sotto i rami di un olivo. Romolo uccise il fratello Remo e divenne il primo re dei sette re di Roma. Era il 21 aprile del 753 a.C.

Gli Antichi Greci e l’olio di oliva

In Grecia esistevano molti e fiorenti oliveti; particolarmente ricca ne era l’Attica e soprattutto la pianura vicina ad Atene.

E’ qui in Grecia che l’olivo diventa:

  • Una pianta quasi adorata, considerata sacra.
  • Simbolo di castità (perché sacra alla Dea Vergine Atena che trasformò, secondo il mito, la pianta selvatica in pianta coltivata).
  • Una pianta protetta (abbattere, bruciare o rovinare piante di olivo era considerato un reato punito dagli dei e persino gli Spartani, nel saccheggio di Atene, li risparmiarono, temendo la vendetta degli dei).
  • Tucidite, uno dei principali storici greci ci dice nel 500 avanti Cristo che “Quando impararono a coltivare l’olivo e la vite, i popoli del Mediterraneo cominciarono ad uscire dalla barbarie”

L’olivo nel mito

L’olivo è la pianta sacra alla dea Atena che i Romani chiamarono Minerva, ve la ricordate rappresentata sulle 100 lire, omaggiata dalla Zecca Italiana?

Atena era una coraggiosa guerriera, dea della ragione, della arti, della letteratura, della filosofia, del commercio e dell’industria. Come tale chiese al padre che le fosse consacrata una regione della terra che la potesse onorare ma si dovette scontrare con Poseidone che voleva il dominio sull’Attica.

Zeus decise di proclamare una sfida tra Poseidone a Atena: chi tra i due avesse fatto alla città il dono più utile, ne avrebbe avuto la supremazia. Cecrope, il primo mitico re di Atene, fu posto ad arbitro. Alla presenza di tutti gli dei, Poseidone toccò con il suo tridente la terra e fece saltar fuori, il cavallo che da quel momento popolò tutte le regioni della terra e divenne un grande aiuto per la vita dell’uomo.

Atena percosse il suolo con il suo magico giavellotto e in conseguenza di ciò scaturì dal terreno un albero di olivo. Il re disse alla dea che era la vincitrice e decise che la capitale dell’Attica dovesse chiamarsi ATENE

In onore di Atena si celebravano le feste dette Panatenee, che duravano nove giorni. Nei primi tre si celebravano gli agoni musicali e letterari, seguivano tre giorni di gare ginniche e di gare di corse con i cavalli, i vincitori di questi agoni ricevevano un numero variabile di anfore (si poteva vincerne anche cento) colme di olio proveniente dagli uliveti sacri, con l’effigie da una parte della Dea e dell’altra una rappresentante l’attività della gara;

In Grecia l’olio era generalmente prodotto dai proprietari stessi degli oliveti che spesso procedevano anche alla sua vendita; il mercante di olio si chiamava elaiopòles o elaiokàpelos.

La vendita al dettaglio non si praticava solo in campagna o nelle botteghe; era ugualmente attiva nell’agorà, dove venivano trattate le merci più diverse. I mercanti erano installati in baracche, sotto umili tende o, più comunemente, all’aperto, ma questa situazione migliorò ben presto quando furono edificati i primi portici.

L’olio attico era considerato tra i migliori; ma si apprezzavano molto anche gli olii di Sicione, dell’Eubea, di Samo, di Cirene, di Cipro e di alcune regioni della Focile. Le olive costituivano inoltre la ricchezza della pianura di Delfi sacra ad Apollo.

La caduta dell’Impero romano e l’estensione del cristianesimo hanno comportato cambiamenti nelle modalità di consumazione, nelle zone di produzione e nei circuiti commerciali, ma la coltivazione dell’olivo e del suo frutto ha continuato a crescere. A partire dal Seicento si apre una era di espansione continua che porta l’olivo alla sua massima estensione territoriale, basata sulla domanda crescente di una società sempre più industrializzata, per le saponerie, i tessili e la stessa meccanica.

Naturalmente con la scoperta del Nuovo Mondo, gli spagnoli introducono l’olivo nelle loro antiche colonie americane, come l’Argentina, il Messico, il Perù (già nel 1560), il Cile e la California. Così è nel Novecento con l’apogeo della demografia delle compagnie che l’olivo conobbe forse quella sua massima estensione che oggi più o meno si perpetua.

Il ramo dell’olivo nell’emblema della Repubblica Italiana

Il 5 maggio 1948 la Repubblica Italiana adotta l’emblema selezionato dopo 2 anni e due pubblici concorsi su un totale di 800 bozzetti presentati da circa 500 fra artisti e dilettanti. Quello prescelto, realizzato da Paolo Paschetto, è caratterizzato da tre elementi: la stella, la ruota dentata, i rami di olivo e di quercia. La stella è il riferimento più antico del patrimonio iconografico associata alla personificazione dell’Italia. La ruota dentata d’acciaio, simbolo dell’attività lavorativa, richiama il primo articolo della Carta Costituzionale: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. Il ramo di quercia ; la quercia incarna la forza e la dignità del popolo italiano. Il ramo di olivo simboleggia la volontà di pace della nazione, concordia interna e fratellanza internazionale.

L’Olio in Italia nell’antichità

Per quanto riguarda l’Italia, è importante sottolineare che la presenza di noccioli di oliva in contesti archeologici e documentata fino al Mesolitico, tra Paleolitico e Neolitico (o epipaleolitico è il periodo intermedio dell’Età della pietra che va dal 10.000 all’8000 a.C.). Tali attestazioni non significano necessariamente che già in epoca preistorica l’olivo venisse coltivato, ciò nonostante, sembra sufficiente per sollevare almeno qualche perplessità sulle teorie che sostengono che l’olivo sia stato introdotto in Italia dai primi coloni greci.

Le evidenze linguistiche, letterarie ed archeologiche permettono di affermare che, già fra l’VIII e il VII sec. a.C. non solo la coltivazione dell’olivo era praticata, ma esistevano colture organizzate che, grazie al clima mediterraneo, ben presto permisero la formazione di un surplus destinato agli scambi.

L’olivo per gli etruschi era pianta sacra, tanto che le sacerdotesse ne esibivano i rami durante le processioni. L’oliva dal gusto amarognolo, venne “addolcita” con tecniche che variavano dalla salamoia, all’immersione nell’acqua profumata con finocchio secco e frutti del lentisco.

L’olio d’oliva, decretato prodotto “nazionale” ed esportato come il vino in tutto il Tirreno.

Quali erano invece i distretti dell’olio dell’Antichità nella penisola italica?

  • SUD — La Magna Grecia con le Sibari e area di Taranto
  • CENTRO — Il territorio di Venafro, la Sabina e il Piceno
  • NORD — La Liguria

Si anche il Piceno era già noto nell’antichità per la qualità del suo olio.

L’Olio “de la Marchia”

Sono seimila anni che l’olivo ha fatto del mediterraneo la sua casa prediletta e offerto agli uomini che abitano i suoi territori doni di incredibile valore. Le Marche sono state e saranno sempre un territorio prediletto per la produzione di Oli Extravergine di Oliva di Qualità.

La sua bontà deriva anche dalla posizione geografica, l’olio prodotto nelle latitudini più alte ha una composizione ottimale e le Marche sono fra le regioni più a Nord e la produzione pedemontana marchigiana, con i suoi sbalzi termici fra notte e giorno, ancora di più.

Le Marche nella penisola Italica, insieme alla Liguria tracciano quasi una linea di confine in cui si incontrarono prima la cultura dei cacciatori con quella degli agricoltori-raccoglitori e poi quella del maiale con quella propria dell’olivo.

L’Oliva Tenera Ascolana

La varietà regina fra quelle pure straordinarie marchigiane è la Tenera Ascolana. Un olio, quello della Tenera Ascolana, quasi ignorato per secoli tanta era la qualità delle olive da pasto, oggi vantano pure una dop, rivestendo la capitale importanza anche nello straordinario piatto tradizionale delle olive fritte all’ascolana. Le olive ripiene ascolane sono composte da olive verdi in salamoia, drupe da mensa dalla delicata polpa carnosa, che ben si prestano ad essere farcite all’interno da un composto tenero a base di carne. Rappresentano una prelibatezza gastronomica del territorio ascolano e sono uno dei piatti più rappresentativi del Piceno e anche a livello nazionale.

Breve storia dell’Oliva Tenera Ascolana

350 a.C. — Teofrasto, filosofo e naturalista greco discepolo di Platone e di Aristotele, aveva descritto questa rara varietà di olive eduli che gli antichi chiamarono “picenae” e le più recenti generazioni “ascolane”.

23 a.C. — Plinio le considerava le migliori fra tutte le varietà italiane. Le olive ascolane conservate erano offerte all’inizio dei banchetti per stimolare l’appetito e alla fine per pulire la bocca.

dal 200 a.C. al 100 d.C. — Della loro qualità scrissero Catone, Varrone, Marziale (Si mibi Picena turdus palleret oliva… Se avessi tordi ingrassati con pallide olive picene…).

50 d.C. — Petronio Arbitro che racconta, nel Satyricon, di come fossero sempre presenti sulla tavola di Trimalcione offerte a Nerone e ai suoi commensali come antipasto.

? — La produzione di oliva da mensa dei Benedettini Olivetani di S. Angelo Magno di Ascoli Piceno, era servita in salamoia, al principio o al termine della mensa, oppure farcita di carne e di altri ingredienti e servita fritta, a metà pranzo.

1650 — Le olive ascolane in salamoia, erano gradite a Papa Sisto V e a molti principi e cardinali, tanto che Sisto V le menziona in una lettera di ringraziamento indirizzata agli Anziani di Ascoli.

1830 — Grande estimatore della specialità fu Gioacchino Rossini

1800 — I cuochi delle famiglie nobili locali, inventarono il ripieno delle olive fissandone insieme i canoni di una ricchissima ricetta resa possibile dalla varietà di carni a disposizione nei periodi di regalie che obbligava i contadini verso i loro padroni.

1849 — Giuseppe Garibaldi le assaggiò, sia in salamoia e sia ripiene, durante il suo breve soggiorno ascolano.

1900 — Anche Giacomo Puccini apprezza le olive.

Oggi — Diversi sono i laboratori, i ristoranti o le attività di pasta all’uovo che producono artigianalmente le olive ripiene ascolane nel rispetto dell’antica tradizione secondo disciplinare del marchio Dop.

L’Oleo della Marchia

Non conosciamo bene la composizione varietale dell’olio extravergine di oliva che ha reso famosa le Marche nel passato certo è che i documenti storici ne sanciscono univocamente i pregi.

Dai romani al medioevo l’olio della Marca è sempre stato rinomato e prezioso per la sua qualità.

L’Olio Marchigiano nella Storia

1228 — Lodovico Antonio Muratori, nel suo “Antiquitates italicae medii aevi” scrisse che in quell’anno le navi marchigiane che approdavano a Ferrara dovevano pagare il “ripatico”, un pedaggio di 25 libbre di olio.

1200 — La Serenissima era il principale acquirente dell’olio marchigiano, nel 1200 i dogi veneziani preferivano l’olio de Marchia perché “bonis, dulcis et zalli”.

1263 — All’olio marchigiano, per la sua bontà e la sua qualità, si dava un valore superiore a quello delle altre regioni. I Veneziani separavano le derrate di olio della Marca dalle altre per rivenderle a un prezzo superiore, proprio in virtù della qualità

1347 — Ottimi acquirenti ed estimatori erano anche gli abitanti di Firenze. Un documento attesta che i lanaioli fiorentini importarono dalla Marca oltre 2.500 orci di olio.

1650 — Giovanni Botero Benese (presbitero, scrittore e filosofo italiano), nelle sue “Relazioni Universali”, scrive: “La Marca ha dato alle volte fino a cento mila stara di formento à Venetiani e gran quantità d’ogli” e ancora “La Marca abbonda di grani, olio e vino e ne manda copia grande fora”.

1660 — Raggiunge il suo apice la Piccola era glaciazione nel quale muoiono quasi tutte le piante di olivo nelle Marche e la coltivazione dell’olivo quasi scomparve.

1811 — Napoleone stabilì premi per tutti coloro che avevano introdotto l’avvicendamento in agricoltura o avevano coltivato la colza, o posto a dimora e allevato, per almeno 4 anni, 400 alberi d’olivo.

1850 — Riparte la produzione dell’olio e si rintracciano gli antichi materiali genetici sopravvissuti qua e là (soprattutto nei monasteri) e rimessi a dimora.

Oggi — Anche oggi l’olio marchigiano (anzi, gli oli marchigiani, perché ce ne sono diverse varietà, secondo le zone) sono molto apprezzati e rinomati. La produzione non è più così sovrabbondante come un tempo, ma è all’avanguardia per la qualità.

L’Olio Marchigiano oggi

300.000 Quintali di olive raccolte nelle Marche

50.000 Quintali di olio prodotto nelle Marche

12 Chilogrammi di consumo medio annui di olio a persona nelle Marche

140.000 Quintali di olio ulteriori di cui le Marche avrebbero bisogno.

L’olio prodotto copre appena un terzo della richiesta. Gran parte del consumo è assicurato dall’olio che arriva dall’estero.

Nel porto di Ancona transitano ogni mese 50 mila quintali di olio che arrivano con le navi e sono trasportati con autobotti, come la benzina. Un prodotto ben diverso, sia dal punto di vista organolettico che salutistico, da quello che esce dai nostri frantoi e in particolare dai piccoli produttori che curano la qualità quasi con attenzioni maniacali.

L’olivicoltura nell’antichità

L’olivicoltura anche nell’antichità era considerata costosa, ma i proprietari degli oliveti erano ben ripagati dei loro disagi, l’olio di oliva non era prerogativa solo della cucina, l’olio, oltre che alimento vitale, è anche elemento della consacrazione, segno di benedizione, fonte di luce, lenisce le piaghe, fortifica gli ammalati, rende splendente il corpo, onora l’ospite.

USO DELL’OLIO IN ANTICHITA’

oltre la cucina

IN CASA

Nella toeletta quotidiana dei ricchi, nei riti dell’ospitalità con l’offerta di unguenti profumati al visitatore (olio ed erbe aromatiche), a scopo terapeutico, nei cosmetici, nell’illuminazione

NEI BAGNI

L’olio quale unguento rappresentava l’unico mezzo per mantenere la pelle pulita ed elastica (il sapone era ancora sconosciuto).

NEI GIOCHI

Gli atleti ne facevano largo uso: nella lotta e come antinfiammatorio riuscivano a prolungare il gesto sportivo.

NEI GINNASI

I giovani frequentatori di palestre e i ginnasi venivano massaggiati con olio. L’olio veniva distribuito nei centri sportivi dal governo delle città a proprie spese.

NEI FUNERALI

Le unzioni venivano praticate anche nei rituali religiosi a scopo purificatorio ed erano indispensabili nella preparazione delle salme e nelle cerimonie funebri

NELLA MEDICINA

Numerosi erano i rimedi a base di olio contro le malattie dell’uomo e del bestiame; nei casi di avvelenamento, disturbi del tratto digerente, infezioni, ustioni, prurito e punture di piante o insetti.

NEI LUOGHI PUBBLICI

Nei luoghi pubblici e nei templi, l’olio era usato per l’illuminazione, dei luoghi pubblici e dei templi.

L’olivicoltura nell’antichità possiamo dire che fosse, anche se non più avanzata, molto più sofisticata. Le olive venivano raccolte, a seconda dell’uso cui erano destinate, in periodi diversi. Venivano fatte raccogliere olive ancora acerbe dette olive albae o acerbae. C’erano le olive non del tutto mature dette olive variae o fuscae, e poi c’erano le olive mature dette olive nigrae. E’ vero che nell’antichità esisteva la schiavitù, ma nella raccolta si raccomandava di staccarle dal ramo con le mani ad una ad una.

Già gli antichi greci conoscevano il fenomeno di degrado che inizia immediatamente nelle olive che subiscono delle ammaccature.

Quelle che non si potevano cogliere salendo sugli alberi, venivano fatte cadere servendosi di lunghi bastoni flessibili, sempre ponendo la massima attenzione a non danneggiarle.

Una curiosità i lunghi bastoni flessibili usati dagli antichi greci erano chiamati “ractriai” ραξτριαι, una parola che si pronuncia ràstrie, e suona tanto come rastrello che ancora oggigiorno viene posto in cima a lunghi bastoni per migliorare ulteriormente la raccolta.

Alcuni aiutanti raccattavano e riunivano le olive battute che, solitamente venivano macinate il più presto possibile. Già si sapeva che perdere tempo avrebbe solo prodotto un olio pieno di difetti.

Sebbene la macinatura delle olive è rimasta pressoché invariata almeno nel principio fin dai tempi dei greci, bisogna dire che i sistemi produttivi di separazione dell’olio dalla macinatura erano tali che il prodotto era sottoposto a stress maggiori di quelli di oggi con la pasta di olive in sacchi di iuta strizzati, e con il prodotto oleario lasciato decantare con le acque di vegetazione per farlo stratificare. Operazioni che oggi conosciamo bene inficiare notevolmente la qualità.

Una curiosità è quella che riguarda il grande Archimede a cui si attribuisce il sistema di spremitura a vite. Prima di allora si utilizzava il sistema a leva. Siamo nel terzo secolo avanti Cristo e la vite in legno fissata al soffitto e al pavimento con dei cuscinetti e fissata ad una trave con una controvite resterà fino ad oggi in molte masserie del meridione.

Il resto del mondo si evolverà grazie al genio di Leonardo da Vinci che ebbe modo di ideare una sua soluzione che chiamò “strettoio per olio” che dimostrò la possibilità di utilizzare la forza dell’acqua in un concetto modernissimo di industrializzazione.

Una curiosità è rappresentata dalla produzione anche in antichità dell’olio denocciolato.

L’olio denocciolato

L’olio denocciolato vanta una lunga storia, tanto che la sua produzione è risalente persino all’epoca romana. Fu proprio in questo periodo che si iniziò ad eseguire il processo di molitura delle olive senza il nocciolo. Al giorno d’oggi le olive vengono denocciolate grazie all’utilizzo di macchinari specifici e la denocciolatura viene eseguita dopo il lavaggio, prima della fase di gramolatura.

L’olio denocciolato è un prodotto noto per la sua qualità. Grazie al processo di separazione della polpa delle olive non contiene le sostanze tipiche del nocciolo, della cosiddetta mandorla, il seme dell’oliva e neanche del suo involucro ligneo. Da tale processo è possibile quindi ottenere un olio extravergine dal sapore leggero, particolarmente indicato per le cotture a vapore di pesce e verdure, poiché anche nei piatti la sua consistenza resta intatta.

L’olio denocciolato e le sue qualità garantiscono anche una migliore durabilità nel tempo grazie appunto ad una resistenza superiore al processo di ossidazione.

Le differenze sul piano sensoriale è ormai accertato che esistano. Sul piano dei macrocostituenti non ve ne sono, ma per ciò che concerne i microcostituenti queste sì che esistono. I componenti presenti, per esempio, all’interno della mandorla, in un olio denocciolato non li troveremo mai. Il nocciolo contiene una serie di enzimi che scatenano una serie di processi metabolici diversi, per cui quando si trovano a contatto con l’olio durante la frangitura attivano e innescano alcuni meccanismi che non favoriscono di certo la buona tenuta dell’olio nel tempo.

Il vantaggio dell’olio denocciolato non è soltanto dal punto di vista organolettico, ma anche sul piano economico per le aziende che già producono questo specifico prodotto. Si tratta di un aumento considerevole di valore aggiunto con costi al pubblico che si aggirano sui 40 euro al litro.

I benefici dell’olio di oliva

Negli anni Cinquanta il prof. Ancel Keys (grande maestro di nutrizione umana, morto nel 2004 all’età di 101 anni), giunge nel Belpaese con le truppe americane sbarcate ad Anzio.

Come fisiologo statunitense, il professore, fu assunto presso il Dipartimento della guerra degli Stati Uniti con l’incarico di studiare un nuovo tipo di razione individuale, non deperibile e pronta per il consumo, che potesse facilmente essere trasportata nelle tasche dei soldati nel corso di operazioni di combattimento di breve durata. Fu così che selezionando gallette, insaccati di suino, caramelle e barrette di cioccolata compose una razione pesante 28 once (870 grammi) in grado di fornire 3.200 calorie, creando la famosa “Razione K”.

Arrivato in Italia con le truppe Americane sbarcate a Salerno nel 1945, notò che la popolazione, soprattutto contadina campana, era molto longeva e attiva e si nutriva di:

  • pasta
  • pane
  • frutta
  • verdura
  • legumi
  • pesce
  • olio extravergine d’oliva
  • pochissima carne.

Questa spontanea “dieta”, conseguente ad una condizione economica non particolarmente brillante, aveva una ricaduta positiva ben rilevabile e tale da fare la differenza: l’incidenza di malattie gastrointestinali e cardiovascolari era molto al di sotto rispetto al valore medio riscontrato nella società americana.

Con lo “Studio dei sette paesi” dimostrò che alcune popolazioni del bacino del Mediterraneo avevano un tasso di mortalità per malattie cardiache dieci volte più basso di quello statunitense.

Al fine di dimostrare le relazioni tra alimentazione e aterosclerosi, Keys intraprese il celeberrimo “Seven countries study”, indagando per oltre 20 anni, 12.770 uomini di età fra 40 e 59 anni, in sette Paesi: Olanda, Finlandia, Grecia, Jugoslavia, Italia, Giappone e USA.

Anche questa volta le conclusioni cui approdò Keys furono rivoluzionarie.

I principali fattori di rischio per la genesi dell’aterosclerosi erano l’ipertensione, l’ipercolesterolemia e il livello di grassi animali della dieta.

Gran parte del merito fu attribuito alla dieta mediterranea e alle benefiche proprietà degli alimenti vegetali che ha come base cereali, frutta, verdura, pesce e olio d’oliva. E all’interno della dieta mediterranea l’olio extravergine di oliva ha dimostrato una superiorità alimentare rispetto a tutti gli altri grassi, vegetali e animali.

Alcuni benefici dell’olio di oliva per la nostra salute

Il Consiglio Nazionale delle Ricerche col suo Istituto di Genetica Vegetale afferma che “L’olio extravergine d’oliva di qualità è il grasso più simile a latte materno, in termini di Omega 6 e Omega 3, composti di alto interesse salutistico contenuti nel prodotto principe della Dieta Mediterranea, ma solo se viene fatto un corretto lavoro in frantoio”.

La statunitense Food and Drug Administration (FDA), il severo ente governativo che vigila sulla regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, che saranno distribuiti sul suolo americano, ha rivisitato la definizione di olio extravergine d’oliva da alimento salutare a medicinale.

L’olio extravergine d’oliva è composto principalmente da grassi monoinsaturi, per la quasi totalità da trigliceridi.

I benefici dell’Olio Extravergine di Oliva per la nostra salute sono dovuti a:

  • polifenoli
  • vitamina E o tocoferolo
  • grassi monoinsaturi
  • acido oleico
  • acido palmitico
  • acido linoleico
  • acido steatico

I principi attivi sopracitati tengono a bada l’insorgenza di alcune complicazioni dovute anche a patologie importanti aiutandoci a preservare la salute dell’organismo nella sua totalità.

Viene dimostrata, quindi, ancora una volta la sua importanza, spiegando così il ruolo di primo piano avuto nel modello, universalmente riconosciuto, di dieta mediterranea, proposto dal biologo Ancel Keys.

Proprietà e benefici dei polifenoli

I polifenoli: cosa sono e quali benefici apportano?

I polifenoli sono sostanze antiossidanti in grado di garantire una vera e propria azione terapeutica: si trovano nell’olio, nel vino e in altri alimenti vegetali, nonché nei rispettivi derivati.

I polifenoli si contraddistinguono in tre categorie:

  • i fenoli semplici
  • i tannini
  • i flavonoidi.

I polifenoli contengono un’elevata quantità di proprietà nutritive in grado di svolgere un’azione antiossidante, che è essenziale per contrastare i radicali liberi, prevenire l’invecchiamento cellulare e ridurre il rischio di tumori.

Gli alimenti ricchi di polifenoli sono:

I polifenoli dell’olio extravergine di oliva

Molte sono le proprietà riconosciute all’olio extravergine di oliva, le quali attualmente sono in grado di migliorare di molto lo stato di benessere di chi lo assume. Fra le più importanti molecole presenti nella sua composizione troviamo polifenoli come:

  • tocoferoli o Vitamina E
  • biofenoli o Vitamina P.

Essi infatti, sono composti aromatici, antiossidanti, che agiscono sul gusto e sulla sua conservabilità. La loro presenza è fondamentale per indicare un olio di alta qualità, ecco spiegato il perché bisogna preferire confezioni che ne siano ricche.

I polifenoli dell’olio svolgono un ruolo importante per la salute umana e impattano sulla qualità e la conservabilità del prodotto contrastando l’ossidazione degli acidi grassi.

Bisogna inoltre considerare che la quantità di polifenoli nell’olio incide sulle sue caratteristiche organolettiche da cui scaturisce un aroma fruttato, il gusto piccante e amaro tipico dell’olio extravergine di oliva. Per questo motivo i polifenoli sono un elemento basilare per il piccante e l’amaro.

Questi composti si dividono in quelli di natura idrofoba e quelli idrofili. Le singole concentrazioni dipendono dalla lavorazione che subisce l’olio: la fase di molitura fornisce un olio ricco sostanze fenoliche; la gramolazione fa diminuire i loro livelli e anche l’acqua aggiunta, in un secondo momento, nella pasta va a modificare tali concentrazioni.

Oli particolarmente ricchi di composti fenolici tendono a garantire un’attività antinfiammatoria, antiallergica, antibatterica e antivirale e hanno un ruolo attivo nella prevenzione delle malattie degenerative. Appare chiaro come il consumo quotidiano di olio extravergine di oliva contenente un’alta concentrazione di fenoli, aiuta a migliorare il benessere psicofisico, nonostante non esista, al momento, una legislatura chiara che informi circa la quantità minima di fenoli che dovrebbero essere presenti.

I valori dei polifenoli nell’olio di oliva possono dipendere sia da un fattore ambientale che dal processo di estrazione dell’olio. Queste molecole dalle proprietà antiossidanti si trovano precisamente nella polpa dell’oliva e in seguito al processo di spremitura passano nell’olio.

Quali componenti dell’olio extravergine di oliva apportano benefici?

L’assunzione quotidiana di olio extravergine di qualità, è particolarmente salutare per il contenuto di:

  • Oleuropeina
  • Oleocantale
  • Acido Oleico
  • Idrossitirosolo
  • Squalene

L’oleuropeina nell’olio extravergine di oliva

Dalla rottura di un legame sull’anello ciclopentano dei polifenoli si origina una sottoclasse di monoterpeni, gli iridoidi, noti come secoiridoidi, classe cui appartengono l’oleuropeina presente nell’olio di oliva. Gli iridoidi sono tipicamente presenti nelle piante come glicosidi, il più delle volte legati a glucosio.

L’oleuropeina è il principale polifenolo presente nelle foglie e nei frutti dell’olivo.

L’oleuropeina possiede proprietà non sono limitate al noto potere antiossidante dei polifenoli:

  • E’ il principale costituente responsabile del sapore amaro delle olive e delle foglie di olivo.
  • Come tutte le fitoalessine, prodotti normalmente dalle cellule tissutali delle piante, possiede attività antimicrobica, fungicida e insetticida, fungendo da difesa contro infezioni e infestazioni.
  • Aiuta a prevenire patologie cardiovascolari contribuendo a rendere più elastiche le arterie, abbassare la pressione e ridurre il processo arterosclerotico.
  • Possiede proprietà benefiche nei confronti di neoplasie, diabete e malattie neurodegenerative.

L’oleuropeina sembra faccia aumentare la concentrazione nel sangue di alcuni ormoni, chiamati incretine, i quali sono responsabili della diminuzione dei livelli di glucosio nel sangue e sono specifiche dei moderni metodi di trattamento.

Le incretine agiscono:

  • aumentando la secrezione di insulina da parte delle cellule beta del pancreas;
  • diminuendo la secrezione di glucagone (antagonista dell’insulina) da parte delle cellule alfa del pancreas;
  • rallentando la motilità e dunque lo svuotamento gastrico (rendendo più “soft” la curva glicemica postprandiale) e diminuendo l’appetito.

I dati forniti dalla ricerca scientifica sono incoraggianti per quanto riguarda gli effetti anti-neurodegenerativi e anti-diabetici dell’oleuropeina, ma non ancora definitivi.

  • Somministrazione giornaliera di oleuropeina a un gruppo di soggetti di mezza età, sovrappeso e a rischio di sviluppo del diabete di tipo 2, ha ridotto la glicemia e migliorato sia la secrezione che la sensibilità all’insulina.
  • Un altro studio condotto su soggetti umani con diabete di tipo 2, ha mostrato un significativo miglioramento dell’omeostasi del glucosio, con riduzione dell’emoglobina glicata e dei livelli di insulina a digiuno.
  • In ratti trattati con oleuropeina è stata notata una riduzione della digestione e dell’assorbimento dell’amido.
  • Studi in vitro dimostrano che l’oleuropeina impedisce l’aggregazione amiloide dell’amilina responsabile della sofferenza cellulare che si accompagna all’insorgenza del diabete di tipo 2.
  • Altri studi hanno dimostrato che nei topi l’oleuropeina attenua la steatosi epatica e riduce l’obesità indotte da una dieta ricca di grassi. Effetto comune ad altri polifenoli vegetali.

L’impiego della oleuropeina e dei suoi metaboliti per il trattamento del diabete mellito di tipo 2 è stato recentemente oggetto di un brevetto concesso a livello Europeo.

L’oleocantale nell’olio extravergine di oliva

L’oleocantale è responsabile del sapore piccante dell’olio quando è buono, di valenza antinfiammatoria in quanto riproduce gli effetti dell’Ibuprofene.

Chimicamente è un derivato polifenolico, ed è presente in percentuale molto elevata nell’oliva in maturazione, per poi diminuire drasticamente in concentrazione durante la maturazione del frutto.

L’Acido Oleico dell’olio extravergine di oliva

Oltre ai fenoli, altri composti presenti e ugualmente importanti sono rappresentati dall’acido oleico, il quale favorisce la digestione gastrica perché agisce migliorando le contrazioni della cistifellea e provocando la liberazione degli acidi biliari. I ricercatori dell’Università di Bari hanno scoperto che l’olio di oliva è in grado di rallentare i tumori intestinali grazie alla quantità di acido oleico che contiene.

L’Idrossitirosolo nell’olio extravergine di oliva

Lo studio ha rilevato che l’assunzione di piccole dosi di idrossitirosolo solitamente diminuisce e può persino prevenire l’infiammazione vascolare o la vasculopatia associata al diabete mellito. Hydroxytyrosol è un tipo di composto fenolico ad alta capacità antiossidante che si trova naturalmente nelle olive e nell’olio d’oliva.

Le malattie vascolari correlate al diabete sono caratterizzate da una diminuzione di due sostanze vasodilatatorie: l’ossido nitrico e la prostaciclina, che favoriscono il restringimento dei vasi sanguigni e prevengono la normale circolazione del sangue, portando a un deterioramento del tessuto organico nel corpo.

I ricercatori hanno scoperto che il consumo di 0.5 in 2.5 di milligrammi di idrossitirosolo al giorno è sufficiente per produrre un effetto antinfiammatorio a livello vascolare e contrastare questo restringimento dei vasi sanguigni.

Ricerche precedenti avevano già dimostrato i benefici dell’idrossitirosolo e delle sue proprietà antinfiammatorie e antinfettive che riducono il rischio di malattie cardiovascolari o impediscono l’insorgenza di alcuni tipi di cancro.

Lo squalene nell’olio extravergine di oliva

L’olio extravergine d’oliva è stato sempre ritenuto un unguento lenitivo per la protezione della pelle, ora sappiamo che è grazie al suo contenuto in squalene.

Lo squalene è un triterpene, una sostanza organica largamente diffusa in natura, particolarmente abbondante nel fegato di squalo, da cui prende il nome, è un composto intermedio nella biosintesi degli steroli, sostanze molto importanti nella fisiologia di animali e piante.

Lo squalene abbonda nell’olio di oliva, in quello di arachidi, nella crusca di riso, nei semi di amaranto e nel germe di grano. A seconda della varietà e del processo estrattivo, nell’olio di oliva ne ritroviamo da 200 a 12.000 mg per kg.

Nel corpo umano, lo squalene è uno dei più importanti costituenti del sebo, una sostanza oleosa che mantiene idratato lo strato più superficiale dell’epidermide rallentando l’evaporazione dell’acqua. Il sebo, inoltre, protegge la pelle da insulti di varia natura come detergenti, prodotti chimici, microrganismi, radiazioni solari ecc. grazie alle proprietà antiossidanti in grado di contrastare la dannosa azione dei radicali liberi e dei raggi UV che provocano il cancro.

Nell’organismo umano lo squalene viene prodotto a partire dall’aceti-CoA derivato dal metabolismo dei vari nutrienti (carboidrati, proteine ed in particolare grassi) e viene rapidamente convertito in colesterolo. A livello delle ghiandole sebacee, invece, vi è carenza degli enzimi necessari ad operare tale conversione ed è per questo motivo che lo squalene è particolarmente abbondante nel sebo. Lo squalene viene impiegato nella produzione di vaccini, per potenziarne l’attività grazie alla sua azione immunostimolante.

L’olio extravergine di oliva aiuta a prevenire l’Alzheimer

Gli studiosi hanno infatti dimostrato che il suo regolare consumo sia in grado di ridurre la formazione di placche beta-amiloidi nel cervello, riduce l’infiammazione del cervello, proteggere la memoria e la capacità di apprendimento.

L’olio extravergine di oliva aiuta a prevenire a combattere il colesterolo cattivo

I grassi monoinsaturi dell’olio extravergine di oliva stimolano la circolazione sanguigna, aiutano ad eliminare il colesterolo cattivo (LDL) e a favorire l’aumento del colesterolo buono (HDL). Come sappiamo il colesterolo cattivo può provocare problemi cardiovascolari seri.

L’olio extravergine di oliva aiuta a proteggere dai batteri

L’olio extra vergine d’oliva ha anche la capacità di proteggere il nostro fisico dai batteri e da tutti i microrganismi nocivi. Questo perché è in grado di rafforzare il sistema immunitario: le sue sostanze nutritive infatti combattono i batteri e altre cellule dannose per il nostro corpo e le eliminano, proteggendoci da malattie infettive.

L’olio extravergine di oliva aiuta a rallentare i tumori intestinali

L’olio è dunque in grado di diminuire gli stati infiammatori dell’apparato intestinale, spesso causa principale dell’insorgenza di tumori.

L’olio extravergine di oliva aiuta a lenire i dolori articolari

E’ scientificamente provato che l’olio di oliva può aiutare a lenire i dolori articolari, dovuti ad infiammazioni o forme di artrosi grazie alla presenza dell’oleocantale. I ricercatori hanno stabilito che circa quattro cucchiai da tavola di olio al giorno hanno un’azione pari a quella di una compressa da 200 mg di ibuprofene, noto principio attivo dei medicinali anti-infiammatori più diffusi e senza effetti collaterali.

L’olio extravergine di oliva aiuta a prevenire il diabete di tipo 2

Quando i livelli di glucosio nel sangue non vengono adeguatamente curati e insufficienti o eccessivi per un lungo periodo, può influire sui vasi sanguigni. L’Olio Extravergine di Oliva ha un alto contenuto di grassi monoinsaturi e di componenti bioattivi che lo rendono un ottimo alleato nella prevenzione del diabete di tipo 2 (DMT2)

E’ vero che consumare olio extravergine di oliva a digiuno offre dei benefici?

Abbiamo visto come l’olio extravergine di oliva di qualità offra numerosi benefici alla salute per la presenza di polifenoli e per la ricchezza in acidi grassi essenziali come gli omega 3.

Insieme formano una coppia dal forte potere antiossidante, indispensabile per contrastare l’invecchiamento cellulare, aiutano a mantenere un corretto livello di colesterolo nel sangue, contribuendo alla salute del nostro sistema cardio-circolatorio.

Quando è meglio consumare l’olio extravergine di oliva perché offra i maggiori benefici?

Consumare olio extravergine a digiuno ed a crudo prima di colazione protegge il nostro stomaco per tutta la giornata. Dopo il lungo digiuno notturno, il nostro corpo assorbe più velocemente le sostanze nutritive e consumare un cucchiaio di olio extravergine di oliva al mattino appena svegli ne potenzia i vantaggi.

Grazie alla sua equilibrata composizione di grassi che lo rende simile al latte materno, l’olio extravergine di oliva è facilmente digeribile ed ha un ph alcalino che riduce le secrezioni degli acidi biliari, responsabili di ulcere e di fastidiosi bruciori.

Olio extravergine di oliva controindicazioni

Nell’olio extravergine di oliva, le calorie apportate, il rapporto Omega-6 Omega-3 e le sostanze nocive prodotte dall’olio di oliva ad altissime temperature sono gli argomenti che vengono citati per mettere in guardia dall’abuso dell’alimento.

Vediamo di saperne di più.

L’olio extravergine di oliva è un prodotto raffinato e molto calorico con 884 kcal per 100 g di prodotto.

È bene ricordare che l’olio è un alimento calorico che va consumato con moderazione. In presenza di patologie occorre consultare un medico.

Quante calorie ci sono in un cucchiaio di olio extravergine di oliva?

Un cucchiaio colmo di olio extravergine di oliva contiene circa 10 g di prodotto quindi contiene all’incirca 88 kcal.

Quante calorie ci sono in un cucchiaino di olio extravergine di oliva?

Un cucchiaino da tè colmo di olio extravergine di oliva contiene circa 5 g di prodotto, quindi contiene all’incirca 45 kcal.

Un cucchiaio colmo di zucchero semolato contiene 25g di prodotto, siccome ci sono ben 387 kcal in 100 g di zucchero, significa che un cucchiaio di zucchero contiene 97 kcal, quasi 10 kcal in più dell’olio extravergine di oliva.

Il grasso addominale aumenta la resistenza all’insulina e alla lunga può far insorgere il diabete. Sappiamo che occorre limitare il più possibile l’assunzione di calorie per limitare il peso corporeo, quindi è utile utilizzare l’olio con moderazione come lo zucchero e tutti gli alimenti in genere.

Rapporto omega 6 e omega 3

Riuscire a bilanciare la presenza degli acidi grassi essenziali costituisce un’azione importante per il mantenimento di un buono stato di salute del nostro organismo. Il corretto equilibrio tra omega 6 e omega 3, infatti, impedisce il verificarsi di situazioni che favoriscono ad esempio, l’infiammazione.

Il rapporto Omega-6 Omega-3 nell’olio extravergine di oliva è più di 10 a 1, troppo alto. A favore dell’olio extravergine di oliva gioca la reale quantità di Omega-6 apportata che è inferiore a quella di altri oli vegetali, quindi nessun problema se si mantengono basse le dosi di assunzione giornaliera.

Gli omega 6 contrastano l’infiammazione solo se assunti con gli omega 3.

Alti livelli di omega 6 a discapito degli omega 3 incrementano gli stati infiammatori che rischiano di diventare cronici.

L’assunzione di alimenti ad alto contenuto di omega 6 può così rompere l’equilibrio necessario tra agenti pro e anti infiammatori. Per questa ragione il rapporto ottimale dovrebbe essere 4:1, in una condizione di sinergia. Apportare omega 3 per bilanciare l’equilibrio è importante, quindi è importante assumere cibi che ne contengono una buona quantità come sgombro, acciughe, sardine, salmone, tonno, noci, germe di grano, semi di lino.

Sembra che le noci siano indicate dallo stesso studio del dr. Robert Vogel e pubblicato dal Journal of the American College of Cardiology che non del tutto correttamente è stato usato per affermare che l’olio d’oliva causi la restrizione delle arterie, favorendo i problemi cardiaci. Siamo sempre nell’ambito dei cibi grassi che causano infiammazione delle arterie, il cui apporto del solo olio extravergine di oliva non contribuisce a ridurre da solo il fenomeno.

Alte temperatura e processi degenerativi dell’Olio Extravergine di Oliva

Pensare che l’olio extravergine di oliva sia sanissimo senza superare le dosi è corretto. E’ sbagliato pensare però di utilizzare sempre ed esclusivamente il metodo che ne prevede l’uso per cucinare. Con il processo termico andiamo a perdere tutti i benefici ed andiamo a liberare sostanze nocive come l’Acroleina e l’Acrilammide considerate altamente cancerogene. In fritture prolungate gli acidi grassi subiscono la termossidazione con la formazione di perossidi, e successivamente si origineranno aldeidi, chetoni e polimeri.

Meglio quindi preferire il processo di cottura a vapore ed utilizzare l’olio a crudo.

I prezzi dell’olio extravergine di oliva

Se fino a poco tempo fa, buttare un occhio sugli scaffali dei supermercati dedicati agli oli extravergine di oliva lasciava perplessi, oggi con le infinite possibilità di acquistare online non si può che stupirsi. Il range di costo delle bottiglie di olio extravergine di oliva è veramente ampia. Si può andare dai 2 euro al litro di oli in promozione ai 325,00 € tasse incluse per 250 ml di prodotto di un olio spagnolo ACEITE SPIRITU SANTO nell’edizione speciale by ANGELA TEUNISSEN.

Quale è il prezzo corretto di un litro di olio extravergine di oliva artigianale?

Un olio extravergine di oliva che rispetti tutti i parametri di qualità, lavorato con metodi artigianali e stoccato preservando tutte le qualità del prodotto, non può costare meno di 7 euro al litro. Questo nelle annate di buona produzione, in quelle problematiche, è giusto aspettarsi un aumento di circa 3 euro. Per il produttore olivicolo, ad incidere maggiormente sul costo in bottiglia può essere la raccolta se gli ulivi sono molto vecchi e non è possibile raccogliere le olive con l’ausilio delle macchine ma solo manualmente. Un altro importante costo che incide molto sul prodotto finale è la potatura delle piante.

La lavorazione non incide più di tanto con costi che non superano 15 euro a quintale.

Un olio per costare 2 euro al litro non può che provenire da grossi impianti industriali con coltivazioni intensive, fertirrigazioni importanti, trattamenti fitosanitari incisivi, potature e raccolte meccanizzate.

In questi casi gli oli sono anche deodorati chimicamente e ogni difetto al gusto ma anche gli aromi mascherati. Sono oli di differenti provenienze mescolati fra loro.

Cosa incide maggiormente sul prezzo di un olio extravergine di oliva?

I conti in tasca ai produttori di olio extra vergine d’oliva

Costi medi di produzione ad ettaro:

  • Potatura: 1000 €
  • Raccolta: 2000 €
  • Lavorazioni del terreno o trinciature erba 300 €
  • Concimazione 200 €
  • Difesa fitosanitaria 150 €
  • Spese generali 100 €
  • Irrigazione a goccia: da 100 a 500 €
  • Irrigazioni manuale: 350 €

Costo complessivo da 3.850 a 4250 €

Immaginando una produzione di circa 80 quintali ad ettaro

  • Costo di produzione delle olive: da 48,12 a 53,12 €/quintale.

Costo delle olive, un frantoiano, può approvvigionarsi di olive a 80 €/quintale

  • Il trasporto è escluso se le olive sono locali altrimenti: Trasporto di 700km, richiede circa 8€/quintale uno di 600km 7€/quintale.
  • L’IVA per il trasporto è al 22% quella per l’acquisto delle olive è del 4%. Le fatture di trasporto e di acquisto olive devono essere rigorosamente separate.
  • Costo di molitura 12–15 €/quintale di olive — 1,25–1,5 €/kg di olio prodotto
  • Confezionamento in Lattine da 5 litri: 0,5 € + 1,5€ contenitore = 2,00 €.

%

€/kg

Costo di produzione dell’olio al variare della resa

COSTO DELL’OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA

Come deve essere fatto un vero olio extravergine di oliva?

Un buon olio di oliva extravergine deve essere realizzato con sole olive giunte al giusto punto di maturazione, lavorate il prima possibile in impianti meccanici a freddo, con il prodotto che viene filtrato e stoccato alle corrette temperature e non più soggetto ad aggiunte, o trattamenti ulteriori se non di semplice filtraggio.

Classificazione degli oli — Classificazione degli oli secondo la normativa CEE

Anche essere presenti alla molitura delle olive non sempre offre un olio impeccabile dal punto di vista qualitativo. Molti sono i fattori che concorrono a determinare le caratteristiche uniche e irripetibili di quell’olio spremuto in quel momento.

Quali sono i controlli produttivi sull’olio extra vergine di oliva

I controlli sulla produzione di olio extra vergine di oliva vengono effettuati capillarmente sui singoli lotti di prodotto. Da ogni lotto viene prelevato un campione, sottoposto alle più severe prove di assaggio e ad esami chimico-fisici, e soltanto in seguito si può decidere a quali delle classi definite dai regolamenti comunitari il prodotto di quella spremitura appartenga.

Salvaguardia del consumatore in un settore pieno di alterazioni alimentari

La classificazione degli oli secondo parametri rigorosi è stata promossa dalla Comunità Europea per salvaguardare l’elevato valore merceologico dell’olio di oliva, impedendo le commistioni con oli di minor valore commerciale, come quelli di sansa e di semi, cercando così di garantire il consumatore dai pericoli di truffe e di sofisticazioni.

DEFINIZIONE DI OLIO VERGINE DI OLIVA

E’ definito vergine ogni olio di oliva sottoposto unicamente al procedimento estrattivo rigorosamente meccanico, senza impiego di solventi o di altre manipolazioni chimiche, e che non sia stato miscelato con oli di altra natura.

REQUISITI DELL’OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA

Per essere denominato extravergine un olio di oliva vergine deve:

  • Dimostrare di essere del tutto privo di difetti all’assaggio;
  • Rispondente ai parametri chimico — fisici di cui uno dei più importanti è il grado di acidità libera (espressa in percentuale peso di acido oleico).

Come riconoscere l’olio extravergine d’oliva?

La qualità riconosciuta agli oli extravergini è la risultante di una lavorazione unicamente meccanica in un determinato range di temperatura e corretta di due diversi ordini di indagine:

  • Le analisi chimico — fisiche, intese ad accertare la reale composizione della materia grassa e la sua acidità;
  • L’esame organolettico, panel — test, che giudica l’olio dal punto di vista delle sue caratteristiche visive, olfattive e di gusto e ne valuta pregi e difetti.

Come riconoscere l’olio extravergine d’oliva contraffatto?

Solo la rispondenza delle analisi chimico — fisiche, e l’esame organolettico, senza difetti fa riconoscere se un olio extravergine di oliva è contraffatto o di scarsa o scarsissima qualità.

Siccome le analisi chimico — fisiche hanno un costo, apprendere i rudimenti di una valutazione organolettica dell’olio extravergine di oliva è la soluzione a portata di mano per scoprire se un olio è contraffatto, di sufficiente qualità o eccellente.

Denominazioni e definizioni degli oli di oliva

  • Oli di oliva vergini: Oli ottenuti dal frutto dell’olivo soltanto mediante processi meccanici o altri processi fisici, in condizioni segnatamente termiche, che non causano alterazioni dell’olio, e che non hanno subito alcun trattamento diverso dal lavaggio, dalla decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione, esclusi gli oli ottenuti mediante solventi o con processi di riesterificazione e qualsiasi miscela con oli di altra natura.

Detti oli di oliva sono oggetto della classificazione e delle denominazioni che seguono:

  • Olio di oliva vergine extra: Olio di oliva vergine di gusto assolutamente perfetto, la cui acidità espressa in acido oleico non può eccedere 0,8 g per 100 g;
  • Olio di oliva vergine (Il termine fino può essere usato nella fase della produzione e del commercio all’ingrosso): olio di oliva vergine di gusto perfetto, la cui acidità espressa in acido oleico non può eccedere 2 g per 100 g;
  • Olio di oliva lampante: olio di oliva vergine la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è superiore a 2 g per 100 g e/o avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria.
  • Olio di oliva raffinato: Olio di oliva ottenuto dalla raffinazione di oli di oliva vergini, la cui acidità espressa in acido oleico non può eccedere 0,5 g per 100 g.
  • Olio di oliva: Olio di oliva ottenuto da un taglio di olio di oliva raffinato e di oli di oliva vergini diversi dall’olio lampante, la cui acidità espressa in acido oleico non può eccedere 1,5 g per 100 g.
  • Olio di sansa di oliva greggio: Olio ottenuto mediante trattamento al solvente di sansa di oliva, esclusi gli oli ottenuti con processo di riesterificazione e qualsiasi miscela con oli di altra natura.
  • Olio di sansa di oliva raffinato: Olio ottenuto dalla raffinazione di olio di sansa di oliva greggio, la cui acidità espressa in acido oleico non può eccedere 0,5 g per 100 g.
  • Olio di sansa di oliva: Olio ottenuto da un taglio di olio di sansa di oliva raffinato e di oli di oliva vergini diversi dall’olio lampante, la cui acidità espressa in acido oleico non può eccedere 1,5 g per 100 g.

Nota:

  • Dal 1° novembre 2003 gli oli vergine corrente e vergine lampante vengono inclusi nell’unica categoria dell’olio di oliva lampante.
  • Olio di oliva vergine corrente: Olio di oliva vergine di gusto buono, la cui acidità espressa in acido oleico non può eccedere 3,3 g per 100 g;
  • Olio di oliva vergine lampante: Olio di oliva vergine di gusto imperfetto, la cui acidità espressa in acido oleico è superiore a 3,3 g per 100g.

Alcuni dei principali indici chimico-fisici per la valutazione merceologica degli oli di oliva secondo la normativa europea.

Conservazione e durata dell’olio extra vergine di oliva

I nemici dell’olio extra vergine di oliva

L’olio a differenza del vino non migliora col passare del tempo e il suo decadimento è inesorabile, come consumatori possiamo solo contrastarlo.

La legge dice che l’olio extravergine d’oliva deve essere consumato entro 18 mesi dall’imbottigliamento. Tutti in casa nel nostro territorio seguiamo empiricamente la buona regola di consumare l’olio entro l’anno dalla data di produzione. Siamo abituati ad acquistare scorte di olio o a rivolgerci ad un produttore di fiducia. Capite però come cambiano le cose per chi abita in città ed acquista olio in bottiglia nei supermercati.

Determinante ai fini della durata è la conservazione.

I nemici principali della qualità dell’olio sono, l’aria, la luce e la temperatura.

Luce e temperatura non fanno altro che facilitare i processi ossidativi che si hanno con il contatta con l’aria e quindi con l’ossigeno.

Oggi anche i piccoli produttori conservano l’olio in fusti di acciaio termostatati e in atmosfera di azoto. Con una temperatura ottimale e costante di 18°(fra i 14 e i 18), nel buio più totale e in assenza di ossigeno.

L’olio preferisce essere custodito in piccoli (massimo 500 millilitri) contenitori ben chiusi. E’ importante non farlo essere a contatto con l’ossigeno e per questo che i piccoli contenitori si prestano di più perché non lo fanno residuare a lungo in contenitori mezzi vuoti, anche se ermeticamente chiusi.

I contenitori devono essere sempre puliti, di vetro (opaco o scuro), di porcellana o di acciaio inox, in luoghi freschi e lontani da contaminazioni aromatiche.

Sebbene la latta sia un buon compromesso per brevi periodi, la plastica per alimenti non dovrebbe essere mai utilizzata.

Nella ristorazione la legge italiana legge 161 del 30 ottobre 2014 (articolo 18, comma 1 c) prescrive l’uso di contenitori chiusi, etichettati e non rabboccabili, mentre vieta l’uso di gradevoli e artistiche ampolle o oliere “domestiche”.

«2. Gli oli di oliva vergini proposti in confezioni nei pubblici esercizi, fatti salvi gli usi di cucina e di preparazione dei pasti, devono essere presentati in contenitori etichettati conformemente alla normativa vigente, forniti di idoneo dispositivo di chiusura in modo che il contenuto non possa essere modificato senza che la confezione sia aperta o alterata e provvisti di un sistema di protezione che non ne permetta il riutilizzo dopo l’esaurimento del contenuto originale indicato nell’etichetta»;

L’olio ben conservato si conserva inalterato per lunghissimo tempo ben oltre i 18 mesi della legge, possiamo avere oli di ottima qualità anche a 3 anni dalla produzione.

L’ossidazione (ovvero il contatto con l’aria) è il primo segno dell’abbassamento della qualità. Restano le proprietà nutritive ma il gustoso aroma fruttato si perde lentamente.

I composti fenolici e i tocoferoli, cioè sostanze naturali antiossidanti, lo proteggono dall’irrancidimento. Con il tempo la loro azione si affievolisce e il processo di degrado si accentua enormemente se non si rispettano le regole fondamentali della conservazione.

In casa, dove è impossibile avere un ambiente a temperatura costante, è buona regola conservarlo in luoghi freschi e asciutti, in ambienti con escursioni termiche non eccessive (teme il caldo, ma si rovina anche se la temperatura scende troppo in basso), va protetto dalla luce diretta, dall’aria e dal calore. I nostri vecchi dicevano che se l’olio congela vuol dire che è buono.

Un fondo di verità c’è, ma è bene non farlo congelare perché si perderebbero definitivamente alcune sostanze che fanno bene alla salute del nostro corpo.

Conoscendo la bontà dei sistemi di stoccaggio di un produttore di nostra fiducia, un ottimo modo per avere sempre in casa olio di ottima qualità sarebbe quello di acquistare le nostre scorte e lasciarle in gestione al produttore.

La nuova normativa per l’etichettatura dell’olio extravergine d’oliva

Come sappiamo, ogni prodotto alimentare per poter essere commercializzato deve sottostare a determinate regolamentazioni, istituite dallo Stato Italiano o dall’Unione Europea.

Esiste infatti anche una normativa sull’olio extravergine di oliva, ma a partire dal 6 agosto 2018 è entrata in vigore una nuova legislazione — UE 1096/2018 — che modifica la precedente — UE 29/2012 — in tema di etichettatura delle bottiglie di olio extravergine di oliva. Vediamo insieme cosa è cambiato.

Nuova regolamentazione, cambia l’etichetta

Sono due i fattori oggetto della nuova normativa: l’acidità (facoltativa) e la campagna di raccolta (obbligatoria).

L’acidità è un elemento che già compariva nella precedente legislazione, mentre la campagna di raccolta è una novità.

L’acidità

Prima della modifica

Secondo il regolamento UE 29/2012 i valori chimici che indicano l’acidità dell’olio al momento dell’imbottigliamento possono essere specificati sull’etichetta, a patto che figuri insieme ad altri dati come l’indice dei perossidi, tenore di cere e assorbimento nell’ultravioletto.

Dopo la modifica

I suddetti parametri chimici devono riferirsi alla soglia ipotetica che potrebbero raggiungere in corrispondenza della data di scadenza, anch’essa indicata in etichetta, e non più ai valori effettivi analizzati al momento del confezionamento. Lo stesso vale per tutti gli altri elementi chimico-fisici.

Se al termine del ciclo di vita di un olio i valori di acidità e altri elementi chimici dovessero risultare superiori a quelli specificati in etichetta, il produttore sarebbe soggetto a irregolarità.

Se da una parte questa nuova legislazione vuole garantire ai consumatori la massima trasparenza, bisogna riconoscere però che può sollevare qualche problematica. La ricerca scientifica permette di calcolare con una certa esattezza l’evoluzione dei parametri chimici nel tempo, ma non può comunque prevedere una variabile molto importante che incide su di essi: la modalità di conservazione. Sappiamo bene che una bottiglia di olio esposta a luce, calore e ossigeno porta il prodotto a deteriorarsi più velocemente.

Questo elemento, infatti, fa riflettere su come la responsabilità circa la conservazione dell’olio venga equamente ripartita tra il produttore e il distributore. Al primo spetta la scelta del packaging più idoneo, tra contenitori in acciaio e bottiglie scure mentre al secondo tocca mettere in atto tutti gli accorgimenti del caso, in fase di stoccaggio e conservazione.

Dunque questa nuova regolamentazione ha senza dubbio ottimi presupposti ma pecca per la mancata definizione di un modello standard sulla base del quale calcolare l’evoluzione dei valori chimico-fisici.

La campagna di raccolta

Questa dicitura è obbligatoria solo per gli oli extravergine destinati al commercio interno, mentre diventa un elemento facoltativo se questi sono indirizzati al mercato estero.

La campagna di raccolta può essere riportata in due modi diversi:

  • indicando l’intera campagna di produzione, quindi ad esempio 2018/2019
  • specificando il mese e l’anno in cui le olive sono state molite, esempio se le olive sono state raccolte il 30 novembre e frante l’1 dicembre ci sarà scritto: dicembre 2019

Ovviamente il 100% dell’olio contenuto in una bottiglia dovrà appartenere alla medesima campagna di raccolta. Prima, senza l’obbligo di questa specifica, poteva capitare di frequente di acquistare un olio frutto di una miscela tra quello prodotto nell’annata in corso e nell’annata precedente.

Cultivar di olive da olio, cosa sono, caratteristiche, varietà

Le cultivar italiane sono 538, il 40 per cento di tutte quelle conosciute a livello globale (la Spagna ne conta 138, 14% per cento del totale, la Grecia con 52 varietà il 4%).

Sono state selezionate nel corso dei millenni dai produttori d’olio che si sono dedicati a individuare le piante con le caratteristiche genetiche migliori in termini di resistenza alle malattie e alle avversità climatiche.

L’intensa e prolungata attività di selezione degli olivi ha generato in Italia una ricchezza di varietà che non ha eguali nel mondo. Il merito di tale primato tutto italiano è da attribuire alla complessità del nostro territorio, unitamente al fatto che la coltivazione dell’olivo è tradizionalmente di valore nel nostro Paese, come dimostra l’impegno con cui da sempre lavorano i nostri produttori.

L’insieme di questi fattori ha permesso all’Italia di poter contare su una cinquantina di oli extravergini D.o.p (Denominazione di origine protetta) o I.g.p (Indicazione geografica protetta), con marcate caratteristiche di tipicità legate al territorio.

Ogni territorio ha selezionato le varietà più consone prestando attenzione a particolari come la vigoria della chioma, la produttività, la grandezza dei frutti o la resa in olio, la facilità di estrazione dell’olio stesso e le sue proprietà nutrizionali e organolettiche.

Al di là del corredo genetico, però, le qualità positive di una pianta dipendono anche dall’interazione dello stesso con l’ambiente, con il tipo di terreno e il microclima che lo ospita.

In pratica, esiste un rapporto strettissimo tra le caratteristiche genetiche di una pianta e quelle dell’ambiente in cui dimora.

Il rapporto esistente tra le caratteristiche genetiche di una pianta e l’ambiente in cui dimora è strettissimo.

Quanto incide la scelta della cultivar sulla qualità dell’olio?

Le caratteristiche che distinguono le diverse cultivar non riguardano esclusivamente la qualità dell’olio, ma anche aspetti più generali, di interazione della pianta con il terreno e con il clima, di produttività, di resa in olio; ogni varietà resiste a modo suo all’attacco dei parassiti e presenta una capacità di sviluppo della pianta in sintonia con le risorse del terreno in cui cresce.

Allo stesso modo, anche i fattori che influenzano l’identità di un olio sono tantissimi. Si parte sicuramente dalla sanità dei frutti per proseguire con il grado di maturazione delle olive al momento dell’estrazione dell’olio, tenendo presente che negli ultimi decenni la tendenza generale è stata quella di anticipare la data di raccolta perché i frutti troppo maturi si sono rivelati più vulnerabili allo stress della raccolta e dello stoccaggio che precede l’estrazione dell’olio in frantoio.

Anche il sistema di estrazione gioca il suo ruolo: nel corso degli anni la tecnologia olearia ha fatto passi da gigante soprattutto quando, nella seconda metà del secolo scorso, i vecchi frantoi tradizionali basati sul metodo di estrazione per pressione sono stati sostituiti dai moderni frantoi per centrifugazione.

La filtrazione del prodotto permette di preservare al meglio le proprietà organolettiche e benefiche dell’olio e, grazie alla rimozione delle particelle di acqua vegetale e delle mucillagini della polpa d’oliva, migliora la conservazione dell’olio. E poi c’è l’arte del frantoiano, che ancora oggi rimane un elemento vitale e distintivo per la qualità dell’olio.

Ricapitolando, secondo gli esperti è possibile affermare che questi fattori incidano sulla qualità dell’olio per il 70 per cento a fronte di un 30 per cento direttamente correlabile alla cultivar.

A parità di standard tecnologici, gli oli ottenuti da cultivar diverse mostrano caratteristiche compositive, nutrizionali e sensoriali uniche, in grado di soddisfare i gusti dei consumatori più attenti e appassionati, donando quel tocco di tipicità in più ai piatti della cucina regionale.

Utilizzando i dati ASSAM e semplificandoli, ho realizzato una tabella riassuntiva delle varietà di oliva con cui si realizzano ottimi extravergine. Vi presento così le cultivar più comuni nel nostro territorio le loro origini e caratteristiche.

Da queste sommarie descrizioni un interessato all’olio per i bisogni della sua famiglia può orientare i suoi acquisti, un coltivatore hobbista può selezionare le varietà ritenute più idonee, tenendo conto di tipologie di terreni, rese, sensibilità ai parassiti o ad un certo clima.

La coltivazione della pianta dell’ulivo

Allevamento della pianta di olivo: il vaso policonico

Il vaso policonico che è uno delle metodologie di allevamento in campo della pianta di olivo, in sostanza una metodologia di potatura, possiede una validità scientifica consolidata ed un’efficacia comprovata da dati e pubblicazioni.

La parte aerea o cima dell’albero di ulivo, ha un intenso potere di pompa naturale per l’assimilazione, e quindi di utilizzo delle sostanze nutritive che tendono a distribuire in modo equilibrato a tutti i distretti organici della pianta. Da questa considerazione e dal fatto che da questo dipende la produttività anche in ottica di riduzione dell’alternanza che si contestualizza l’importanza della potatura a vaso policonico.

La parte superiore della chioma, va salvaguardata e regolamentata poiché, una continua mutilazione e soppressione della superficie fogliare, specialmente se rivolta alle cime, tende a diminuire l’efficienza dell’apparato radicale, limitandone la funzionalità abbassando il potenziale produttivo.

Sarà compito dell’operatore far tendere la pinta al raggiungimento di un equilibrio della chioma, a carattere prevalentemente elaborante e portamento eretto, con la parte inferiore della pianta con organi elaboranti meno efficienti a vantaggio degli organi di accumulo (drupe).

Questo tipo di allevamento presenta diversi vantaggi:

  • Rispetto della fisiologia della pianta
  • Equilibrio vegeto-produttivo
  • Facilità e velocità di potatura e riduzione dei costi di gestione (utilizzo di attrezzature telescopiche, potatura da terra, abbandono assoluto della scala)
  • Semplificazione della struttura legnosa della pianta
  • Facilitazione della raccolta e dei trattamenti

Morfologicamente una pianta di olivo allevata a vaso policonico è formata da:

  • Tronco principale
  • 3–4 branche principali inclinate dai 30 ai 45 gradi equidistanti
  • 4–4,5 m di altezza
  • Conclusione naturale delle branche per espletare le sue “funzioni di cima”.

Il ciclo di maturazione della pianta dell’ulivo

Non è l’autunno la stagione più importante del ciclo stagionale dell’olivo. Primavera ed estate sono fondamentali sebbene la prima risulta essere cruciale per un discorso quantitativo.

Dalla fioritura a giugno fino alla completa maturazione in novembre, in questi mesi il frutto, schematicamente, attraversa cinque fasi di sviluppo. La durata di ciascuna di queste fasi dipende da molti fattori: agronomici, ambientali e genetici.

Ripresa vegetativa, germogliamento

In primavera le gemme si schiudono. Inizia l’emissione di nuova vegetazione riconoscibile dalla colorazione chiara dei germogli. Dalla primavera all’autunno inoltrato i germogli si accresceranno, in base a clima e fertilità.

Mignolatura

Dalle gemme a fiore (e da quelle miste) si formano e si sviluppano le infiorescenze.

Le mignole sono le infiorescenze a grappolo con fiori in numero da 5 a 60. In questa fase la temperatura inferiore ai 10°C non è tollerata.

Fioritura

Avviene in maggio-giugno, secondo la latitudine, e dura circa 10 giorni. I fiori con quattro piccoli petali di colore bianco e stami gialli. Non tutti i fiori sono frutti.

L’espansione della corolla interessa circa il 25% dei fiori presenti.

Il completo distanziamento dei petali, allungamento degli stami e dello stilo che rende visibile lo stimma, piena fuoriuscita delle antere, interessa il 50% dei fiori.

Imbrunimento delle antere e loro distacco caduta dei petali; interessa l’80% dei fiori.

Allegagione

Incidenza dell’aborto ovarico e difficile l’impollinazione solo una piccola parte dei numerosi fiori è destinata ad allegare. L’allegagione consiste nell’ingrossamento dell’ovario nella porzione del calice ancora persistente, presenza dello stimma imbrunito, l’oliva allegata si comincia a distinguere dopo 7–10 giorni dalla piena fioritura.

Si forma il frutto. A parte poche varietà autofertili, la maggioranza degli olivi (autosterili) viene fecondata per impollinazione incrociata al vento (e non agli insetti).

Importantissime le condizioni metereologiche: clima asciutto, buona ventilazione, temperatura ottimale intorno ai 15°C.

Accrescimento del frutto

Una volta che il frutto si è formato ci aspettano cinque o sei mesi di crescita e maturazione prima della raccolta. Durante questo lungo periodo avvengono numerosi processi e mutamenti fisiologici.

Il frutto si è formato ed ora inizia l’incremento dimensionale delle drupe sino al raggiungimento della dimensione definitiva. Appena allegati, i frutti iniziano ad aumentare di peso e dimensioni con ritmo regolare rallentando in caso di siccità o addirittura cadendo, fino alla fine di novembre.

L’elevato contenuto di clorofilla nei frutti appena allegati consente un’elevata attività fotosintetica che diminuisce significativamente solo dopo circa un mese.

L’oliva per la sua crescita non è autosufficiente con la necessità della fotosintesi delle foglie in prossimità. L’esposizione alla luce consente un’attiva assimilazione fotosintetica, aumentando anche la traspirazione, l’acquisizione di elementi nutritivi, stimolando l’inolizione e l’accumulo di pigmenti ed aromi.

Nella fase di accrescimento del frutto ecco approssimarsi l’importante il periodo estivo, quando, tra luglio e agosto, salvo contromisure si assiste al rallentamento dell’accrescimento o ad una certa inevitabile cascola di frutti che può essere accentuata dalla mancanza d’acqua, incidendo significativamente sul raccolto. Questo è il motivo per cui molti produttori di olio posseggono laghetti artificiali da cui prelevano nel periodo estivo per innaffiare le piante e contrastare il fenomeno.

Invaiatura

I giochi sono fatti, l’estate è passata, da un punto di vista quantitativo se abbiamo ben operato con l’irrigazione in assenza di apporto naturale di acqua, l’accrescimento delle olive è massimo e abbiamo evitato la maggior parte della naturale cascola.

Alla fine agosto — inizio di settembre si ha l’avvio del processo di inolizione e l’ingrandimento delle cellule del mesocarpo (polpa) in cui vengono secrete piccole gocce d’olio che successivamente si aggregano e vengono “immagazzinate” nel vacuolo, l’organo cellulare destinato a questo scopo.

Siamo a settembre, l’oliva di tutte le varietà è verde ma inizia il mutamento al giallo, con l’inizio dell’accumulo degli antociani, al rosso porpora, al viola scuro, tanto scuro da apparire nero. Il cambiamento di colore avviene in vari stadi che a volte non sono tutti interamente completati anche su un singolo frutto, iniziando dal polo apicale, o sulla singola pianta di olivo. Incidono la copiosità dei frutti e l’esposizione degli stessi. Questi stadi sono:

  • Ingiallimento
  • Invaiatura superficiale
  • Invaiatura profonda.

Il momento della raccolta, in relazione all’invaiatura, dipende dalla destinazione del prodotto. Per le olive da mensa si fa distinzione fra lavorazione “al verde” come Ascolana tenera, e ascolana dura e “al nero”.

Le olive da trasformare “al verde” vanno raccolte all’inizio dell’invaiatura, mentre quelle da trasformare “al nero” si raccolgono a invaiatura completa.

Per le olive da olio l’invaiatura è un parametro di secondaria importanza, tuttavia è utile per individuare il momento più opportuno perché ha una correlazione con la curva di inolizione.

L’accumulo dell’olio nella polpa aumenta, in termini assoluti, nel corso della maturazione fino all’invaiatura.

Dopo l’invaiatura si assiste ancora ad un incremento del tenore in olio, ma in realtà questo aumento è fittizio in quanto dovuto ad una perdita d’acqua.

Al fine di ottenere la massima produzione d’olio, le olive vanno perciò raccolte non prima dell’invaiatura. In passato si tendeva a raccogliere le olive in una fase avanzata della maturazione, per la convinzione di ottenere una maggiore produzione: la resa in olio, in rapporto al peso delle olive, aumenta infatti anche dopo l’invaiatura.

In realtà nella fase di invaiatura si verifica il maggior accumulo di componenti volatili e di polifenoli, perciò questa fase è ottimale per ottenere un olio di qualità, ricco di polifenoli e di fruttato.

Il tenore in olio del frutto è uno degli elementi a prevalente controllo genetico, influenzato anche da disponibilità idrica e di nutrienti, età dell’albero, carico di frutti e condizioni climatiche:

  • Modeste quantità d’acqua durante questo periodo ingrossano il frutto ed influiscono positivamente sull’accumulo dell’olio.
  • L’irrigazione però può ritardare la maturazione, in particolare in presenza di un elevato carico di frutti.

L’accumulo dell’olio segue un modello lineare per tutte le varietà (salvo crisi idriche).

La massima sintesi d’olio avviene tra 2 e 4 mesi dopo la piena fioritura.

Il processo di invaiatura, ovvero di cambiamento di colore dell’epitelio, decreta la contemporanea sensibile diminuzione dell’inolizione.

Maturazione completa

Viene raggiunta, nelle Marche a seconda della vicinanza al mare o a i monti in un periodo compreso tra novembre e dicembre. L’oliva assume l’aspetto e il colore caratteristico della varietà a cui appartiene (superfice lucente o pruinosa, colore dal violetto al nero). La polpa è molle, completamente pigmentata e allo schiacciamento mostra evidenti tracce di olio.

Durante la maturazione tutti i processi metabolici risultano ancora attivi ma con ritmi estremamente rallentati. Il frutto, in questo stadio di sviluppo, perde la sua turgidezza, diminuisce sensibilmente la sua attività respiratoria e chimicamente si assiste a una diminuzione del contenuto in zuccheri, compresa la tanto importante oleoeuropeina, e all’accumulo di composti aromatici come alcoli superiori e terpeni.

Come si riconosce un oliva correttamente “matura”?

Il grado di maturazione raggiunto dalle drupe al momento della raccolta è basilare per la determinazione delle caratteristiche organolettiche dell’ olio, quell’ insieme di tratti distintivi che il consumatore avvertirà all’assaggio.

Esistono tre principali metodi per determinare il più vantaggioso grado di maturazione delle olive e quindi il momento giusto di raccolta:

  • Tradizionale: si giudica solamente il colore, ma questo non ci fornisce informazioni circa la qualità e le condizioni del campo.
  • Agronomico: non si utilizzano particolari strumenti ma l’esperienza. Si giudicano:
  • colore;
  • durezza della polpa:
  • resistenza al distacco;

La durezza della polpa e la resistenza al distacco possono essere misurate con precisione con un solo utile strumento il penetrometro/dinamometro in grado di misurare in spinta per la durezza e in trazione per il distacco.

  • Tecnologico: determinazione della resa in olio su peso secco, acidità e il contenuto fenolico;

Lavorazione delle olive e produzione dell’olio extravergine di oliva

La qualità dell’olio extravergine che acquistiamo ha origine nei campi dove la natura svolge il suo ruolo primario e l’uomo interviene a correggere vantaggiosamente le condizioni. Così al soleggiamento, alle temperature, alla piovosità, al terreno e all’azione del vento, vengono affiancate tecniche di allevamento delle piante di olivo. Le precise e innovative potature periodiche, mirate concimazioni e lotte antiparassitarie e puntuali apporti idrici contribuiscono alle rese stagionali.

Quando la raccolta è stata effettuata senza causare eccessivi danni alle drupe e si azzerano i tempi prima della molitura, ecco che il metodo di estrazione riveste il suo ruolo cruciale.

Nel descrivere le tecniche di estrazione di olio extravergine di oliva si può parlare solo di tecniche di estrazione con spremitura a freddo. La spremitura a caldo e l’estrazione con solventi fanno perdere all’olio la possibilità di fregiarsi della denominazione fondamentale di extravergine.

Fasi di produzione dell’olio extravergine di oliva

Tutte le operazioni del processo di produzione dell’olio di oliva sono importanti ma la raccolta e le successive sono fondamentali per massimizzare il patrimonio qualitativo apportato in campo, incluso il fattore tempo.

Per produrre un ottimo olio extravergine di oliva occorre effettuare bene tutte queste operazioni, senza danni ai frutti e nel minor tempo possibile:

  • Raccolta
  • Inizio lavorazione
  • Defogliazione
  • Lavaggio
  • Frangitura
  • Gramolazione
  • Estrazione
  • Centrifugazione
  • Conservazione

Raccolta delle olive: I metodi di raccolta delle olive

Ogni metodo di raccolta delle olive possiede diversi effetti sul frutto, sul prodotto finale e sull’economicità del processo. Un’attenta valutazione del metodo più idoneo passa anche per la disponibilità del frantoio nella rapida lavorazione delle olive raccolte in poche ore, in quanto le raccolte manuali più lente potrebbero richiedere più giorni per completarsi.

  • Brucatura. In questo caso le olive si raccolgono a mano direttamente dall’albero. Questo ci consente di selezionare solo quelle che hanno raggiunto la giusta maturazione senza rovinarle e intaccarne le proprietà;
  • Bacchiatura. Questa tecnica si utilizza quando l’albero è troppo grande per poter effettuare la raccolta a mano. Grazie ad appositi strumenti facciamo cadere su di un telo le olive mature, ricavandone un olio extravergine di altissima qualità;
  • Pettinatura. Come suggerisce il nome, con questa tecnica “pettiniamo” i rami degli ulivi, facendone cadere le olive su appositi teli.
  • Scrollatura. Un braccio meccanico afferra il tronco dell’ulivo senza danneggiarlo (deve essere non troppo giovane e ne troppo vecchio), ed imprime vibrazioni in diverse direzioni, la “scrollatura” dell’albero farà cadere le olive mature su appositi teli che attutiscono la caduta.
  • Vendemmiatrice. In impianti intensivi e superintensivi, sempre nell’ottica del contenimento dei costi si può eseguire una raccolta mendiante macchine vendemmiatrici adattate che sormontano gli ulivi adeguatamente formattati con le potature.

Indipendentemente dalla tecniche scelta, bisogna sempre ricordarsi che per ottenere un olio dall’altissima qualità bisogna cogliere quell’esatto momento in cui l’oliva contiene il massimo di polifenoli e di olio.

Tecniche e metodi di estrazione dell’olio d’oliva

Le olive vengono inserite nel ciclo di produzione di un frantoio. Le olive vengono trasferite con un nastro trasportatore sotto getti d’aria per eliminare le foglie e versate nella macchina lavatrice. Dopo il lavaggio, le olive vengono immesse in una tramoggia e successivamente convogliate, tramite un trasportatore a coclea, alla macchina frangitrice. La preparazione della pasta di olive prima della separazione della frazione solida dalle fasi liquide, prevede due operazioni successive: frangitura e gramolatura

Frangitura

La frangitura è operazione di rottura meccanica dell’oliva, del nocciolo e della polpa. Quest’ultima in parte dall’azione meccanica dei frammenti di nocciolo. La frangitura può essere realizzata con un frangitore meccanico moderno che può essere a martelli e quello a dischi o con un frantoio classico, detto anche molazza, a macine di granito.

Anche gli impianti moderni continui inseriscono il sistema tradizionale di frangitura con le molazze, per dare l’immagine di sistema di lavorazione tradizionale, essendo stato soppiantato dai frangitori meccanici e da molitori continui, in cui le olive sono frantumate da martelli in acciaio o da ruote dentate, che si muovono ad una velocità che può superare i 1.400 giri al minuto.

Inoltre, negli areali produttivi con olive che producono oli con spiccato gusto di amaro, le molazze hanno una notevole diffusione per eliminare tale caratteristica considerata negativa, da buona parte dei consumatori, per la valutazione della qualità dell’olio.

Gramolatura

Dopo la frangitura, la pasta di olive viene inviata alla macchina gramolatrice che può essere costruita in più sezioni per consentire una lavorazione partitaria; essa è costituita da una vasca contenente un albero, azionato da un motoriduttore, su cui sono calettate più pale in acciaio inossidabile.

Tale vasca è corredata da un’intercapedine nella quale, se necessario, circola acqua tiepida per il giusto riscaldamento della pasta.

Qualora le olive fossero troppo secche, la pasta olearia subisce una prima diluizione con acqua all’interno della gramolatrice.

La pasta viene rimescolata con appositi organi oscillanti o rotanti con velocità moderata (pochi giri o cicli al minuto), per circa 30- 60 minuti, al fine di favorire la fuoriuscita delle goccioline di olio dalle cellule oleifere e farle aggregare tra loro in gocce di maggiori dimensioni e migliorare, altresì, l’estrazione degli antiossidanti dalla polpa delle olive per incrementare così il sapore del piccante, nonché la produzione di sostanze atte a favorire la formazione dell’aroma dell’olio.

Estrazione con ciclo discontinuo a pressione

Il ciclo classico con estrazione per pressione è stato l’unico sistema di estrazione impiegato fino al 1962 ed era costituito dalla molitura delle olive, seguita dalla successiva successiva separazione della frazione solida, sansa, dalla fase liquida (denominato mosto oleoso), costituita da una miscela di acqua ed olio, mediante una pressa olearia; tale seconda operazione era eventualmente preceduta, negli impianti più evoluti da una operazione intermedia di gramolazione.

La pasta di olive molita viene stesa a mezzo di un apposito distributore su grandi dischi di fibra (fiscoli), che si sovrappongono alternati con dischi metallici, per costituire una pila sul piano dei carrelli dei torchi.

La pila così allestita è successivamente sottoposta a pressione con potenti torchi idraulici o presse.

La parte maggiore di mosto defluisce durante la lenta azione di pressatura verso l’esterno, dove scorrendo sulla parte estrema periferica dei fiscoli raggiunge il sottostante piano orizzontale del carrello da cui attraverso un canale circolare periferico viene fatto defluire e raccolto.

Le fibre dei fiscoli, così come anche le parti solide della pasta (frammenti di nocciolo) servono da filtro, e permettono l’esclusivo passaggio del mosto oleoso attraverso la pasta resa porosa dai frammenti di nocciolo e raggiungono tramite i canali periferici della base del carrello e la parte interna della foratina centrale le sottostanti vasche di decantazione.

La frazione liquida che fuoriesce il cosiddetto mosto oleoso, costituita da olio e acqua di vegetazione, viene di seguito sottoposta a centrifugazione al fine di separare l’olio dall’acqua vegetale per ottenere quindi il prodotto finito che viene lasciato a riposo, affinché si chiarifichi spogliandosi dei materiali fini sospesi e delle tracce di acqua finemente disperse.

Tale azione viene successivamente integrata dalla pulizia eseguita in separatori centrifughi.

Estrazione con ciclo continuo per centrifugazione

L’evoluzione della tecnologia di estrazione verso i sistemi di lavorazione, che eseguono il processo in modo automatico e senza il diretto intervento dell’uomo, ha determinato una riduzione sensibile dell’impiego degli impianti a pressione, che richiedono molta manodopera, per cui a partire dal 1962, anno in cui fu brevettato il ciclo continuo di estrazione, si tende ad utilizzare quasi esclusivamente detti impianti continui che puntano all’utilizzo del sistema centrifugo per la separazione delle fasi.

Dalla gramolatrice la pasta è inviata all’estrattore mediante un’elettropompa, in corrispondenza della quale, avviene una seconda diluizione con acqua tiepida.

All’interno del decanter la pasta olearia viene sottoposta all’effetto combinato della forza centrifuga generata dalla rotazione del tamburo e della spinta impressa dal movimento di una rotore costituito da una parte tronco conica ed una cilindrica; tale rotore ruota all’interno del tamburo stesso con velocità angolare poco diversa dal tamburo (10- 20 giri al minuto), determinando la separazione delle fasi (acqua, olio e sansa).

Alla fine dell’azione centrifuga, mentre la sansa viene scaricata da un’estremità del rotore e quindi allontanata da un trasportatore a coclea, l’olio grezzo e l’acqua di vegetazione vengono scaricate separatamente dall’estremità opposta.

L’olio grezzo è, quindi, convogliato per mezzo di una pompa al separatore centrifugo, mentre l’acqua di vegetazione viene mandata, tramite una pompa, ad un secondo separatore centrifugo, che ne elimina i sedimenti solidi.

Tutta la lavorazione avviene a freddo a temperatura inferiore ai 30 °C, per conservare integre tutte le qualità organolettiche dell’olio.

Degustazione dell’olio extravergine di oliva

La degustazione dell’olio extravergine di oliva è un metodo fondamentale per riconoscere un prodotto di qualità da uno scadente. I panel test, sedute di assaggio guidate e scientificamente regolate, hanno l’importante scopo di giudicare partite di olio destinate al commercio e sono di pari valore delle analisi chimiche previste.

Per occuparsi dell’analisi sensoriale dell’olio di oliva occorre conoscere gli strumenti che si andranno ad utilizzare.

Per effettuare al meglio un semplice assaggio domestico, una valutazione da un produttore o un test tecnico in un panel di valutazione occorre adottare alcune norme generali di comportamento e seguire alcune raccomandazioni:

1. Non fumare almeno un’ora prima dell’assaggio, il fumo inibisce olfatto engusto.

2. Non usare profumi, saponi o cosmetici il cui odore persista al momento della prova e non indossare capi che rechino profumi o forti odori corporei;

3. Non ingerire alcun alimento almeno un’ora prima dell’assaggio senza trascurare il caffè, desensibilizzante del gusto amaro;

4. Accertarsi che le proprie condizioni fisiche positive non compromettano le capacità olfattive e gustative: attenzione al raffreddore con costipazione delle vie aeree e all’uso di taluni farmaci che le alterano;

5. Conoscere il vocabolario dell’olio per avere l’idea dei pregi e dei difetti;

6. Ripetere più volte con pazienza e adeguate pause la degustazione e memorizzare attentamente la sensazione a cui attribuire il descrittore che la identifica.

Analisi visiva

L’analisi visiva in una seduta di degustazione di oli di oliva non viene effettuata. Se un olio è giallo e verde intenso non ha nessuna importanza nella determinazione della sua qualità. Se è filtrato o non filtrato questo non importa se non presenta difetti percepibili all’olfatto o al gusto. La degustazione non è il momento in cui preoccuparsi della conservabilità del prodotto, quindi la vista non vi occorrerà.

La lingua nell’analisi sensoriale dell’olio di oliva

Nuovi recenti studi ci aiutano a capire come la lingua intervenga nell’analisi gustativa dell’olio di oliva. Innanzi tutto bisogna dire che la mappa dei sapori della lingua, quella che conosciamo un po tutti, che vorrebbe che la punta ci faccia percepire il dolce e ai lati l’acido è sbagliata. Gli stessi studi ci indicano la presenza di un recettore sulla lingua che non conoscevamo anche per il grasso.

Il sapore è il risultato di sensazioni fisiche, sensazioni chimiche e sensazioni chemestetiche.

Il sapore che percepiamo in bocca non è altro che la combinazione di 5 gusti fondamentali: dolce, salato, acido o aspro, amaro, umami (glutammato, brodo di alghe). Non esistono sulla lingua delle zone esclusive o più sensibili a un singolo gusto, bensì tutta la lingua sente tutti e cinque i gusti allo stesso modo o quasi.

Il sapore è il risultato di sensazioni fisiche (temperatura, consistenza, umidità, frizione), sensazioni chimiche (gusto e olfatto) e sensazioni chemestetiche.

Le chemestetiche sono per capirci quelle che ci fanno percepire il piccante, il fresco, il pungente: hanno la caratteristica di provocare una reazione uguale a quella termica (cioè una sensazione fisica), ma partire a uno stimolo chimico.

Prova ne è che il peperoncino ti fa sudare anche se è freddo, il mentolo ti rinfresca anche se è caldo.

Inoltre sono stati identificati anche alcuni recettori specifici per il sapore “grasso”

I sensori del gusto nella nostra bocca sono i bottoni gustativi: hanno una struttura simile a una testa d’aglio e stanno dentro alle papille. Le papille sono di diversi tipi e queste sì hanno delle zone di pertinenza: le fungiformi sono sparse in tutta lingua (e sono quelle visibili come puntini bianchi dopo che hai bevuto un bicchiere di latte), le foliate stanno raggruppate ai lati della lingua e le vallate stanno in fondo. Si aggiungono le filiformi, ma sono dedicate alle consistenze e funzionano diversamente.

Ogni bottone gustativo contiene molti recettori del gusto (da 50 a 100) che sono specifici per ciascun sapore. All’interno di ogni bottone troviamo recettori di tutti i gusti, allegramente mescolati e distribuiti in tutta la lingua senza concentrazioni a zona.

Possediamo un solo tipo di recettore per il dolce, mentre per l’amaro ne abbiamo 25. Per percepire l’amaro bastano concentrazioni molto basse mentre per il dolce servono concentrazioni mille volte più alte. Il nostro apparato gustativo ha messo a punto questi strumenti nel corso dell’evoluzione perché il sapore amaro caratterizza alcune sostanze tossiche o irritanti prodotte dalle piante, per cui è cruciale saperlo riconoscere subito e in tutte le sue sfumature. Al dolce invece, associato alle calorie, riserviamo una lettura più grossolana proprio per incoraggiarci ad assumerne di più e accumulare energia.

Un’altra cosa che sappiamo: la capacità di percepire il gusto può variare tra individui o popolazioni diverse ma una cosa è certa l’allenamento, l’educazione, sono importantissimi perché se è vero che alcuni di noi sono geneticamente più dotati di altri, è vero anche che esplorare sapori diversi, educarsi a sentire le sfumature, porta inevitabilmente ad ampliare le capacità gustative.

Sappiamo anche che la lingua ha alcune parti più sensibili e altre meno, ma in nessun caso, individuo o popolazione, ha delle zone specializzate nella percezione dei diversi sapori.

Il naso nell’analisi sensoriale dell’olio di oliva

Nel nostro naso ci sono zone specializzate che aiutano il cervello a distinguere i profumi dagli odori sgradevoli.

I milioni di recettori che costituiscono l’organo olfattivo si raggruppano in zone, ciascuna specializzata nel riconoscere determinati odori. La gradevolezza di un odore non è una sensazione “personale” ma è innata nel nostro cervello, chiamando così in causa l’impatto che le esperienze di vita hanno sul modo di percepire gli odori.

Non sarebbe il cervello a processare le informazioni sugli odori ma lo fanno, almeno in parte, i neuroni olfattivi, come se il naso possedesse un suo piccolo cervello.

Il nostro naso possiede un organo olfattivo, grande come un francobollo, chiamato epitelio olfattivo e situato nella parte superiore della cavità nasale.

Gli esseri umani possiedono invece circa 400 tipi di ricettori, rendendo il compito di sondare un naso e ricavarne delle informazioni utili.

Alcune regioni dell’epitelio individuano meglio alcuni odori rispetto ad altre zone. Inoltre hanno trovato delle zone specifiche che riescono a interpretare meglio se un odore è buono o cattivo.

La scienza ci dice che il nostro naso può recepire 10.000 aromi, ma questo dipende da quanto siamo stati educati a farlo.

La percezione olfattiva si distingue in due tipologie, a seconda del canale coinvolto:

  • Percezione ortonasale per indicare quella fatta direttamente attraverso il naso
  • Percezione retronasale per indicare quella generata dalle stimolazioni chimiche dell’epitelio olfattivo quando introduciamo un cibo o una bevanda nella cavità orale.

Uno dei limiti della via ortonasale è rappresentato dalla sua forte tendenza all’adattamento: già dopo 2 sec. alcune molecole non vengono percepite, dovrebbero passare da 5 a 20 sec. prima di effettuare un’altra “annusata”. Il contatto ottimale per sentire un odore è inspirare moderatamente per 1–2 secondi.

Le sensazioni olfattive si dividono in:

  • Odori se percepiti per via ortonasale
  • Flavour se percepiti per via retronasale.

Attenzione il flavour non è giudicato solo grazie alla via retronasale, ma con questo termine indichiamo l’insieme di stimoli che arrivano al cervello attraverso i nostri sensi chimici — olfatto e gusto — grazie alle terminazioni nervose di lingua, guance e palato.

Parlando di flavour si includono perciò oltre alle percezioni olfattive dovute alle sostanze aromatiche volatili anche le sensazioni chimiche (astringenza, piccantezza, freschezza ecc.), e i sapori fondamentali generati dalle sostanze solubili.

Lo Strippaggio

Se il naso interviene in una prima fase dell’analisi sensoriale, la lingua in una seconda (o terza) lo strippaggio o stripping che in chimica, consiste nel trasferimento di un gas disciolto in un liquido dalla fase liquida a quella gassosa, è una fase che serve ad amplificare le sensazioni retronasali per apprezzare le diverse sfumature del gusto.

Si assume un piccolo sorso di olio e lo si fa vaporizzate nella cavità orale, aspirando aria dalle labbra semiaperte con la lingua appoggiata al palato.

Questa operazione, può essere ripetuta diverse volte e vi servirà a percepire, per via retronasale, i composti aromatici volatili e la sensazione tattile del piccante. La valutazione retro-olfattiva, infatti, genera la percezione degli aromi che sono molto più complessi e articolati rispetto agli odori percepiti, invece, con la valutazione olfattiva diretta.

Degustare o Assaggiare professionalmente l’Olio di Oliva

Il pane caldo e croccante è un modo delizioso di gustare l’olio extra vergine di oliva, ma se vuoi sapere come assaggiare l’olio d’oliva come un professionista, dovresti usare la tecnica chiamata “strippaggio” o “stripping”. La lingua nella degustazione dell’olio di oliva

Tutto l’olio extra vergine di oliva fresco e di qualità ha tre caratteristiche chiave:

  • un odore erboso
  • una nota amara
  • una nota piccante

Mentre l’intensità di questi varia tra varietà e anni di raccolta, questi sono gli aspetti chiave dell’olio extra vergine di oliva fresco e di qualità.

Usare lo stripping per assaggiare il tuo olio d’oliva è la tecnica migliore per identificare queste tre caratteristiche dell’olio di oliva ed essere davvero in grado di assaggiare la qualità e le proprietà del tuo olio extra vergine di oliva.

Le coppette ufficiali da utilizzare per la degustazione di olio extra vergine di oliva sono questi piccoli bicchieri blu.

Sebbene non siano cruciali per la tecnica, hanno uno scopo. Nonostante il malinteso comune, l’unico aspetto che non influisce sulla qualità dell’olio extra vergine di oliva è il colore.

Il colore di queste coppette di vetro è mascherare il colore dell’olio in modo che ciò non influenzi il giudizio.

Quando assaggi il tuo olio con questo metodo a casa, al posto delle tazze blu usa un bicchierino o un bicchiere di vino, tieni a mente quel punto e concentrati solo sul tuo olfatto e sul tuo gusto.

La tecnica dell’assaggio di un olio di oliva varia da assaggiatore ad assaggiatore, ed è ufficialmente regolata dalla normativa attualmente in vigore.

Analisi olfattiva

Come assaggiare l’olio? La degustazione ha inizio dall’analisi olfattiva. Cosa devi fare?

  • Versa una piccola quantità di olio in un bicchiere, circa un cucchiaio. Il campione di olio è presente in un bicchierino, molto più pratico di una coppa di assaggio;
  • Scalda il campione. Poni il bicchierino nella mano sinistra e coprilo con il palmo della mano destra (o il contrario se più comodo);
  • Muovi il bicchiere in modo circolare, per far depositare l’olio sulle pareti in modo da scaldarsi meglio e da sottoporre una maggiore superficie olio al rilascio di sostanze volatili e componenti aromatiche.
  • Ruota il bicchiere lentamente permetti alla temperatura di salire. Il calore del palmo scalderà l’olio aiutando a liberare gli aromi e dopo pochi istanti sarai pronto a sentire l’odore dell’olio.
  • Odora. Solleva la mano superiore e fai un respiro profondo nel bicchiere e assumi i profumi dell’olio. Togli il palmo della mano che copre l’apertura del bicchiere con un movimento accurato che non sottragga il contenuto da annusare. Fallo vicino al naso e annusa immediatamente l’olio. Cerca di essere pronto a percepire e distinguere immediatamente le sensazioni prima che il naso sia assuefatto. Non prolungare l’operazione ma piuttosto, interrompila aspettando anche qualche minuto. Ripeti l’operazione un massimo di tre volte.

L’odore dovrebbe ricordare il profumo dell’erba fresca, questo è l’odore del frutto di olivo.

La descrizione è spesso erbosa ma quando ci si arriva davvero è l’odore delle olive fresche”. Puoi anche raccogliere altre sottigliezze della varietà, come carciofi, pomodori verdi o mandorle.

Analisi gustativa

Passiamo al secondo passaggio della degustazione dell’olio.

  • Assaggia. Porta l’olio alla bocca, ma fai attenzione a non ingerirlo. Allo stesso tempo, inspira per ossigenare l’olio e cullalo nel cavo orale in modo da sollecitare tutte le papille gustative.
  • Medita. Distribuisci l’olio in bocca. Lascia che l’olio si riposi sulla lingua. Devi percepire gli stimoli tattili come consistenza e fluidità. Ma non solo. Anche le sensazioni scatenate dal gusto hanno il loro peso;
  • Strippa. Effettua lo strippaggio, prendi un piccolo sorso di olio e tienilo in bocca, poi metti la lingua contro l’interno dei denti e fai dei brevi respiri attraverso i denti facendo una specie di suono “shhh”. Questo attirerà l’olio attraverso la lingua e verso la parte posteriore della gola, dove sono posizionati i sensori retronasali che ti permettono insieme alla lingua di valutare i diversi aspetti del sapore;
  • Concludi con movimenti della lingua come per raggruppare l’olio distribuito in precedenza;

Potresti percepire sensazioni di dolce, di salato o di acido, ma nell’olio extra vergine di oliva non vi sono zuccheri, né sali, né acidi. Il sentore di dolce che talvolta caratterizza la descrizione di un olio in realtà è dovuto alla mancanza di amaro e quindi probabilmente legata ad un olio un poco piatto o vecchio. L’olio di oliva contiene acidi organici a lunga catena, importanti per la valutazione chimica di un olio, ma non percepibili dalle papille gustative in una degustazione.

I due sapori chiave dell’olio extra vergine di oliva dovrebbero essere amari e piccanti.

L’olio extra vergine di oliva è un prodotto naturale, quindi queste caratteristiche si riferiscono semplicemente al frutto dell’oliva da cui proviene.

Il primo sapore che assaggerai è l’amaro che è il sapore naturale delle olive fresche e crude.

Questa amaro si ammorbidirà e poi arriverà la piccantezza in gola.

Questa botta di piccante è rappresentato dai polifenoli antiossidanti, una delle cose che rende l’olio extra vergine di oliva così buono per la salute.

Per avere un’idea delle differenze nei gusti tra le cultivar e le regioni negli oli di adozione degli ulivi, usa questa tecnica per confrontarli e vedere quali variazioni di sapore puoi raccogliere.

Quando si fa questo o si confrontano altri oli, un piccolo suggerimento è quello di avere un pezzo di mela tra le degustazioni dei diversi oli d’oliva. Questo pulirà la tavolozza e aiuterà a mantenere obiettivi i tuoi giudizi di degustazione.

Amaro e piccante: come riconoscere un buon olio extra vergine d’oliva

Assaggiate un olio extravergine di oliva e vi capita di sentire forti sensazioni di amaro e piccante. Allora vi chiedete: E’ da considerarsi buono un olio di oliva molto amaro e piccante?

Lecita domande da consumatore ci sorgono spontanee quando assaggiamo un olio per la prima volta da solo e non su una fetta di pane.

Lo abbiamo già accennato prima parlando dei numerosi recettori per l’amaro presenti sulla nostra lingua. Siamo esseri umani selezionati da millenni a identificare le sensazioni di amaro e piccante come attributi negativi e, di conseguenza, siamo portati a credere che si tratti di un olio di scarsa qualità. In realtà, le sensazioni di amaro e piccante sono due dei parametri più importanti per identificare un olio extra vergine d’oliva di buona qualità. In un olio EVOO di ottima qualità queste sensazioni saranno perfettamente bilanciate e accompagnate da piacevoli note fruttate.

Perché un olio extravergine di oliva è è amaro e piccante?

L’olio extravergine di oliva risulta amaro a causa della presenza di secoiridoidi, come l’oleuropeina, una sottoclasse di iridoidi che sono monoterpeni con elevate capacità di rendere amaro il prodotto. Questo significa che bastano quantità infinitesimali di prodotto per generare l’amaro percepibile dal nostri sensi.

Un buon olio extravergine di oliva, soprattutto in un periodo di tempo immediatamente successivo alla sua produzione, possiede un sapore intenso e robusto tanto più accentuato maggiore è la percentuale di polifenoli in esso contenuta. I polifenoli sono dei potenti antiossidanti che ritardano l’ossidazione dell’olio e, quindi il suo invecchiamento, permettendone il consumo e la conservazione dei sapori anche dopo mesi dalla spremitura. Dobbiamo quindi reagire positivamente alla presenza di importanti note amare e toni piccanti tanto che la loro assenza potrebbe essere sintomo di un olio vecchio oppure di un olio che a causa di un processo di lavorazione non adeguato o di una conservazione non ottimale, si è ossidato prematuramente. Gli oli fruttati sono facilmente conservabili proprio perché ricchi di sostanze antiossidanti, si stancano quindi più lentamente degli oli dolci.

Tutti gli oli extravergine di oliva sono amari e piccanti in egual misura?

Occorre dire che la minore o maggiore presenza di toni amari e piccanti è dovuto anche dal tipo di cultivar di olivo le olive sono state raccolte e l’olio estratto. Se vogliamo acquistare un olio da cultivar marchigiane con importanti note di amari e piccante, la Coroncina è un ottimo esempio essendo rinomata per l’alta presenza di polifenoli che donano agli oli da essa derivati proprio queste forti sensazioni. Al contrario se desideriamo un olio più “dolce” dobbiamo rivolgere la nostra attenzione alla cultivar marchigiana del Piantone di Mogliano.

Apprezzare un olio extravergine di oliva di qualità, oggi, richiede un grande sforzo culturale. Anni di tradizionali ed errate abitudini di raccolta dei produttori prevedevano di attendere che le olive fossero completamente mature senza neanche curarsi della tempestiva lavorazione, con giorni passati ad attendere che l’oleificio assegnasse al produttore di fiducia un turno di molitura su impianti per giunta discontinui. Così facendo, l’olio prodotto si presentava già in uno stato avanzato di ossidazione e quindi al palato tendeva a presentarsi poco amaro e piccante. Oggi, invece, alla luce di nuove analisi di prodotto, è stato dimostrato che l’olio derivato da olive appena invaiate, cioè di color verde/brunastro, e tempestivamente lavorate nell’arco di 12- 24 ore, ha maggiori qualità nutrizionali anche se presenta un sapore più forte e deciso.

Per un Olio Extravergine di Oliva l’amaro e il piccante sono dei pregi o dei difetti?

Ormai la casalinga di Voghera, la figura del lessico giornalistico con cui s’intende indicare un’immaginaria casalinga tipo, è abituata ad acquistare l’olio di oliva per l’uso domestico al supermercato. La sua famiglia è abituata al gusto di oli extravergini spagnoli da oliveti intensivi, prodotti in grossi impianti industriali. Oli deodorati chimicamente con un sapore classificato come eucalipto dagli esperti degustatori. Tanto abituati che un ottimo olio extravergine con un fruttato intenso e spiccate note di amaro e di piccante può apparire come un medicinale.

Abbiamo visto quali e quanti sono i benefici dell’olio extravergine di qualità e del suo contenuto in polifenoli. Naturalmente abituarsi a toni amari e piccanti non è semplice ma imparare a diminuire la dose di extra vergine utilizzato per condire le nostre pietanze potrebbe essere d’aiuto per abituare gradualmente il nostro palato a sapori leggermente più forti. L’errore più comune è sbagliare l’abbinamento cibo olio e voler considerare l’olio un condimento. Per regolare il quantitativo di olio esistono ottimi contenitori spray di diverso formato e per abbinare cibo e olio continuate la lettura.

Gli attributi positivi dell’olio di oliva

Conoscere l’olio extravergine di oliva significa apprezzare appieno tutti i suoi attributi positivi non solo amaro e piccante. Ecco qui una descrizione completa di questi descrittori organolettici.

  • Fruttato — il fruttato in un olio extravergine di oliva è il bouquet di profumi che l’olio stesso emana. Ci sono oli fruttati leggeri, medi e intensi. L’olio extravergine di oliva con un buon fruttato, ricorda l’odore e il gusto del frutto di oliva sano, fresco e colto al punto ottimale di maturazione. Come abbiamo già detto gli oli fruttati sono una delle grandi categorie di oli, si manifestano già dalla prova olfattiva, mettendo in risalto una serie di tonalità aromatiche particolarmente intense.
  • Amaro — sapore caratteristico dell’olio extravergine di qualità, vivacizza l’olio e lo rende più gradevole. La intensità scende col tempo. La sua presenza è dovuta all’abbondanza di flavonoidi e secoiridoidi e può avere differenti ragioni:
  • Varietà di olive, “cultivar” naturalmente ricche;
  • Olive ancora verdi o appena invaiate;
  • Frangitura di foglie insieme alle olive;
  • Moderni processi produttivi rispettosi del prodotto
  • Piccante — flavor originato dalla presenza di oleocantale, normalmente collegato ad oli fruttati ed erbacei che all’assaggio sono caratterizzati da un pizzicore più o meno intenso avvertito su tutta la mucosa del cavo orale. Flavor tipico di oli prodotti da olive raccolte precocemente. La piccantezza la percepisci durante la degustazione dell’olio nel momento dell’assaggio. Se nello strippaggio un olio particolarmente piccante raggiunge il fondo del cavo orale si può percepire un fastidio in gola.
  • Dolce — sapore gradevole dell’olio, non dovuto alla presenza di zuccheri ma frutto di una complessità gustativa particolare. Si manifesta per interazione di caratteri gusto-olfattivi e tattili quando non primeggiano gli attributi di amaro e piccante ed emerge la struttura (texture) grassa dell’olio. Gli oli extravergine di oliva dolci definiti anche gentili, sono poco aromatici, con pochi aromi all’olfatto, con pasta molto piacevole, dal gusto rotondo cioè con un sapore che rimane costante da quando lo si introduce nel cavo orale a quando lo si elimina.
  • Erba — flavor caratteristico di alcuni oli che ricorda l’erba appena tagliata.
  • Foglia — flavor caratteristico di alcuni oli che con un fruttato meno acerbo e che ricordano la foglia dell’olivo o quella del pomodoro.
  • Fieno — flavor caratteristico di alcuni oli che ricorda l’erba più o meno secca.

All’assaggio si può distinguere un fruttato verde da un fruttato maturo:

  • Fruttato verde — per fruttato verde (foglia o erba) si definisce un olio che ricorda all’olfatto la sensazione di frutta, di verdura acerba. Generalmente si tratta di olive raccolte presto. In genere quelli con il fruttato verde sono gli oli extravergine reputati di maggiore qualità
  • Fruttato maturo — è caratteristico dell’olio ottenuto da olive mature; è un flavor più tenue, meno pungente o smorzato, generalmente, di profumo lieve e sapore dolciastro. Un olio extravergine di oliva con un fruttato maturo in genere presenta sentori di mela gialla di banana
  • Mandorlato — questo flavor è tipico della mandorla fresca(dolce-amara). Si apprezza come un retrogusto quando l’olio resta in contatto con la lingua e il palato. E’ un sapore tipico degli oli dolci; oltre che alla tipologia di cultivar è attribuibile alla frangitura di olive particolarmente mature.
  • Mela — flavor dell’olio d’oliva che ricorda questo frutto. Il sapore di mela si evidenzia particolarmente in oli dolci.
  • Frutta fresca (mandorla,nocciola,pinolo) — flavor che ricorda l’aroma caratteristico di tali frutti.
  • Floreale — flavor che ricorda i profumi della macchia mediterranea fiorita.
  • Carciofo — è un flavor molto piacevole identificabile con il sapore di carciofo tenero gustado crudo, riscontrabile in oli freschi appena prodotti.
  • Pomodoro — flavor dell’olio d’oliva che ricorda questo ortaggio, legato a determinati tipi di cultivar.

Altri descrittori

  • Il corpo: nell’olio extravergine di oliva non si parla molto spesso di corpo come nel vino. Si fa questo parallelismo per usare un descrittore unico in caso l’olio lasci sul palato note piene e consistenti.
  • Armonico — si dice di un olio extravergine di oliva completo, senza sentori predominanti, che si manifesta in tutta la sua pienezza non appena messo in bocca.
  • Caratteristico — si dice di un olio extravergine di oliva monocultivar che rispecchia le caratteristiche degli oli da quelle varietà di olivi o anche della tipicità della zona di coltivazione.

Gli attributi negativi dell’olio di oliva

Quali sono i difetti riscontrabili durante una degustazione di olio extravergine di oliva?

Il compito del panel test è soprattutto quello di ricercare le caratteristiche negative di un olio in modo tale che al consumo vadano solo gli extravergini che rispettino le disposizioni di legge e non tradiscano le aspettative del consumatore.

Per riconoscere al meglio i difetti di un olio che col tempo può solo conoscere una diminuzione della sua qualità originaria, è bene educare l’olfatto ed il gusto a riconoscere alcune caratteristiche.

I principali difetti che un assaggiatore deve saper riconoscere e distinguere in un olio extravergine di oliva sono indicati di seguito, classificati per le cause scatenanti.

Conservazione — Produzione — Vecchiaia

  • Avvinato-inacetito: sentore caratteristico che ricorda l’odore dell’aceto o del vino. Difetto dovuto principalmente ad un processo di fermentazione aerobica, fermentazione alcolica degli zuccheri con conseguente formazione di acido acetico, acetato di etile ed etanolo in quantità superiore alla norma. Riscontrabile nei casi in cui si lavorano olive di qualità scadente (poiché eccessivamente mature e/o danneggiate) o che abbiano atteso troppo tempo prima di essere lavorate, specie se in condizioni di stoccaggio sfavorevoli. Riscontrabile anche laddove, negli impianti tradizionali a pressione, i fiscoli non vengono correttamente lavati. E’ un difetto molto grave e si avverte principalmente all’olfatto. Quando sono presenti altri difetti alla prova gustativa, questi possono mascherare il sapore di avvinato.
  • Riscaldo: l’olio in questo caso ha un profumo che richiama l’olio vecchio e ha il sapore di riscaldato. E’ dovuto ad olive che presentano un certo grado di fermentazione lattica con composti volatili e aromatici sgradevoli. E’ caratteristico:
  • Dell’olio estratto da olive ammassate o conservate in condizioni errate di stoccaggio,
  • Da oli estratti in impianti tradizionali a pressione, dove, a causa della discontinuità delle lavorazioni, residui di pasta e di acqua di vegetazione fermentano;

Identificare il flavor di riscaldo non è cosa facile, spesso oltre a questo difetto si aggiunge quello della muffa, dell’avvinato, del rancido e, se non è particolarmente forte, può rimanere nascosto.

  • Morchia: L’olio non viene filtrato bene e sul fondo si depositano residui che trasmettono cattivi odori; sentore estremamente sgradevole causato da reazione fermentativa butirrica anaerobiche a carico dei residui di acque di vegetazione e di sedimenti organici che permangono nell’olio quando, una volta prodotto, non viene filtrato o decantato in modo adeguato. Riscontrabile anche negli impianti di estrazione che non vengono correttamente lavati al termine di ogni lavorazione. Morchia (fecce) — flavor tipico degli oli conservati male, senza essere stati sottoposti a filtrazioni o a travasi e rimasti a lungo a contatto con le fecce in fermentazione. E’ un flavor caratteristico dell’olio recuperato dai fanghi decantati in depositi e torchi dai quali assorbe odori e sapori molto sgradevoli. La morchia è un sapore sgradevole facilmente avvertibile.
  • Rancido: sentore o flavor negativo causato dall’ossidazione dell’olio che non viene conservato in maniera idonea e cioè al riparo da fonti luminose, sorgenti di calore e in assenza di contatto con l’aria. Tra tutti i difetti dell’olio extravergine di oliva questo è forse il più sgradevole e irreversibile. Colpisce i prodotti che sono stati oggetto di un processo ossidativo. In che modo? Stando all’aria, alla luce e al calore per troppo tempo.

Conservazione

  • Stanco — flavor caratteristico dell’olio che ha perduto la sua freschezza, restato troppo tempo in recipienti di stoccaggio inidonei e/o per un periodo eccessivamente lungo. All’olfatto un olio stanco non manifesta alcun flavor particolare, ma è alla prova orale che evidenzia una mancanza di personalità.
  • Grossolano: sensazione tattile/orale densa e pastosa dovuta ad oli vecchi che, all’assaggio, producono una sensazione orale tattile densa e pastosa, non gradevole. Si dice che un olio è grossolano quando è eccessivamente viscoso e pesante. Un extravergine che ha questo difetto ti lascia una sensazione di sporco in gola.
  • Lubrificante: flavor che ricorda il gasolio, il grasso, l’olio minerale. L’olio è un grasso e come tale assorbe tutti gli odori dell’ambiente. Se i recipienti in cui viene conservato, sono lasciati aperti troppo a lungo in ambienti malsani l’olio acquisisce questo sentore.
  • Cetriolo: flavor prodotto dall’olio costretto a una conservazione ermetica prolungata, specie se in lattine;

Fattori esterni

  • Muffa-umidità: sentore che ricorda l’odore di cantina e di umido, caratteristico dell’olio ottenuto da frutti nei quali si sono sviluppati abbondanti funghi e lieviti per essere rimasti ammassati in ambienti umidi per lungo tempo. Flavor caratteristico dell’olio ottenuto da frutti nei quali si sono sviluppati abbondanti funghi e lieviti per essere rimasti ammassati molti giorni, in ambienti umidi prima della frangitura. Il sapore di muffa si evidenzia soprattutto nell’ultima parte del cavo orale durante gli ultimi momenti dell’assaggio e in modo particolare tra i flavors del retrogusto. E’ un difetto particolarmente grave, difficilmente allontanabile dall’olio.
  • Metallico: il flavour ha un sapore metallico a causa degli strumenti metallici o superfici metalliche con cui le olive vengono a contatto durante la lavorazione e vi vengono mantenute a lungo. Ad esempio durante le fasi di macinatura, gramolatura, pressione o stoccaggio. Il metallico si avverte unicamente durante l’assaggio orale ed è una sensazione facilmente riconoscibile e identificabile.
  • Acqua di vegetazione — flavor caratteristico acquisito dall’olio a causa di cattiva decantazione e prolungato contatto con l’acqua di vegetazione.
  • Salamoia: flavor di oli estratti da olive conservate in salamoia. Alcune tipologie di oli Dalmati presentano questo flavor per via del tradizionale uso di conservare le olive in acqua marina prima della molitura.
  • Terra — Terroso: flavor caratteristico dell’olio ottenuto da olive sporche di terra, infangate e non lavate. L’olio sa di terra perché i frutti non sono stati lavati bene nel momento in cui sono stati raccolti o processati. In qualche caso questo flavor può manifestarsi insieme con quello della muffa-umidità.
  • Verme: flavor caratteristico dell’olio ottenuto da olive fortemente colpite da larve di mosca dell’olivo;

Processo di Produzione

  • Legno: flavor di legno umido è tipico dell’olio ottenuto da olive che hanno subito un processo di congelamento sulla pianta. Il fieno-legno è flavor caratteristico dell’olio proveniente da olive secche, che hanno subito condizioni di prolungata siccità. Le olive raccolte si sono raggrinziscono per la siccità, ed il nocciolo lignificato passa questo tipo di flavor alle olive con cui l’olio è prodotto.
  • Cotto o stracotto: flavor caratteristico dell’olio dovuto a un eccessivo o prolungato riscaldamento durante l’estrazione, specialmente nella fase della termo-impastatura detta gramolatura, se avviene in condizioni inadatte;
  • Sparto: flavor caratteristico dell’olio ottenuto da olive pressate in fiscoli, dischi filtranti delle presse, fabbricati con lo sparto una pianta erbacea perenne provvista di lunghe e rigide foglie da cui si estrae la fibra resistente utilizzata per produrre cordami, cesti, stuoie, cellulosa e appunti i fiscoli. Questo difetto è ormai scomparso del tutto con l’impiego dei più igienici fiscoli in teflon, un materiale inodore anche al primo utilizzo.
  • Fiscolo — flavor dell’olio ottenuto da olive pressate in diaframmi filtranti inquinanti e sporchi di residui fermentati. Questo grave difetto non dovrebbe essere più riscontrabile tra gli oli, in quanto le buone pratiche di lavorazione dovrebbero tenere i fiscoli sempre puliti. E’ un flavor molto particolare e facilmente avvertibile durante l’assaggio orale e ricorda perfettamente l’odore che ha un fiscolo pieno di pasta lasciato sporco per qualche giorno.

Come migliorare la qualità dell’olio utilizzato senza spendere di più?

Consideriamo la dose pro capite giornaliera di olio extravergine di oliva assunta in linea con la dose consigliata di 4 cucchiai ovvero 40g. In un anno si avranno consumati 14,60 kg di olio extravergine di oliva. Non sempre assumeremo la dose massima poniamo di consumare 12 kg annui.

Se ci siamo approvvigionati di un olio 100% italiano di qualità sufficiente con un costo di 8€ al litro avremo speso 96 € in un anno. Il problema è che avremo utilizzato l’olio in lunghe cotture perdendo le sue qualità e poi condito a crudo con un olio di non spiccate qualità organolettiche. Meglio sarebbe approvvigionarsi di 6 kg di olio di bassa qualità, diciamo sui 3 euro in offerta, per cucinare e poi condire a crudo con 6 kg di un olio di più alta qualità. Avremmo speso la stessa cifra potendo godere dei benefici e delle caratteristiche di un olio di più alta qualità. Potendone dosare e distribuire bene il quantitativo con un contenitore spray, potremmo addirittura consumare meno olio di qualità potendo permetterci di elevare il budget di spesa oltre i 12€.

Abbinamento olio cibo: esalta nel modo giusto le pietanze

Dopo la degustazione dell’olio di oliva arriva il momento dell’abbinamento olio-cibo.

Gli oli extravergine di oliva, come i vini, devono essere accostati a pietanze che ne esaltino le qualità, il gusto e i profumi. Gli aromi e i sapori degli ingredienti del piatto non devono essere coperti o contrastati ma gli oli devono contribuire ad aumentare la loro armoniosa complessità. Diversamente, accompagnare un olio di oliva extravergine a piatti inadatti vuol dire penalizzare la pietanza e svalutare l’olio.

Otto italiani su dieci non sanno come abbinare l’olio di oliva extravergine al cibo, molti sostengono di usare lo stesso olio per ogni piatto oppure sostengono per una carenza culturale che un olio amaro sia cattivo.

Come si accompagna l’olio extravergine di oliva ai piatti?

L’olio extravergine di oliva si accompagna alle pietanze per similitudine di sapori. A cibi delicati vanno accostati oli delicati mentre le pietanze saporite vanno condite con oli fruttati medi o intensi. Le pietanze collose o acidule si abbinano bene ad oli piccanti, Gli oli amari a cibi amari oppure grassi e sapidi. Gli oli freschi di fruttati erbacei si abbinano bene a vegetali crudi.

Ecco qualche esempio:

  • Oli con note amare si sposano bene con piatti forti tipo ragù, cicoria, carne rossa alla brace;
  • Oli piccanti danno un tocco di vivacità a zuppe di legumi, bruschette, sughi al pomodoro;
  • Oli con sentori vegetali: rinfrescano pietanze come l’insalata di pomodori, la caprese o zuppa di cereali.
  • Oli dolci arricchiscono portate delicate a base di pesce e carni bianche. Sono ottimi sui crostacei, sul salmone e sul pesce spada alla griglia;

In linea generale, olio extravergine di oliva esprime tutta la sua forza a crudo ma puoi usarlo anche per un soffritto. Ma a condizione che sia un fruttato leggero, in questo modo preservi l’aroma del sugo.

Organizzare una seduta di assaggio di oli vergini di oliva

Organizzare una seduta di assaggio di oli vergini di oliva con una presentazione che introduca l’argomento è un’attività che può offrire molte soddisfazioni. L’olio di oliva ha un interesse generale, nessuna implicazione di ordine morale, mette insieme genitori e figli, rientra nell’ordine dell’educazione domestica.

Per introdurre l’argomento olio si può utilizzare il materiale presente in questa guida riducendolo ad una presentazione visuale che tenga conto degli argomenti principali. Per organizzare il vero e proprio momento di assaggio vanno tenute in considerazione alcuni passi.

Raccomandazioni

Innanzi tutto le raccomandazioni su profumi e deodoranti da fare in una fase antecedente il momento di assaggio, preferibilmente nel materiale promozionale dell’evento.

Se si ha intenzione di portare in assaggio oli particolarmente piccanti, nello strippaggio, questi, raggiungendo il fondo del cavo orale possono generare un fastidio in gola anche molto intenso. Per questa ragione è meglio prevedere in assaggio la possibilità per quegli oli di poter essere assaggiati con una sottile fetta di pane fresco. Questo deve essere assolutamente proposto se in assaggio ci sono dei partecipanti di minore età.

La Sala

In secondo luogo va:

  • selezionata la sala di assaggio
  • riscaldata per l’occasione
  • provvista preferibilmente di banchi.

Materiali

I materiali da predisporre per la seduta in quantità sufficiente per almeno 10 persone sono:

  • Una selezione di almeno 3 tipologie di oli di oliva (con 1 cucchiaio che contiene 8g di olio occorrono circa 100ml di ogni olio in assaggio)
  • Bicchierini di plastica possibilmente opachi (occorrono 70 bicchierini, 3 per l’olio, uno per espellere l’olio e 3 per l’acqua con 10 persone in assaggio)
  • Acqua minerale nella quantità di un bicchierino per ogni olio assaggiato (occorrono circa 2,5 L di acqua per offrirla in bicchierino da 80 ml per 3 volte per 10 persone in assaggio)
  • Mele da offrire intere in un piattino con un coltello oppure a spicchi ma affettate al momento (Occorrono circa 3 mele da dividere in 30 spicchi, 6 spicchi ogni mela per circa 3 spicchi di mela a persona per 10 persone)
  • Matite (1 per ogni assaggiatore)
  • Gomme (1 per ogni assaggiatore)

Riepilogo: Per 10 persone e tre oli in assaggio occorrono 100 ml di ogni olio, 70 bicchierini, 2,5 L di acqua, 3 mele, 10 matite e 10 gomme.

Gli oli di oliva dovrebbero essere rappresentativi di di difetti o bassa bassa qualità commerciale, oli di ottima qualità con fruttato medio e fruttato intenso. In definitiva i campioni da offrire alla degustazione dovrebbero essere almeno 3. Questo dovrebbero essere versati pochi minuti prima della degustazione, nella quantità di un cucchiaio colmo, nei bicchierini di assaggio numerati dall’1 al 3.

Scheda di degustazione

  • Aspettare di aver assaggiato tutti i campioni prima di esprimere un giudizio.
  • Non conversare con il vicino di seduta di assaggio per non farsi influenzare nel giudizio
  • Annotare tutte le osservazioni

Non essendo una prova ufficiale una semplice scheda anche di vecchia normativa può essere sufficiente per far annotare ai partecipanti le caratteristiche dell’olio e dare un carattere ludico alla manifestazione.

Uso della scheda di valutazione da parte dell’assaggiatore

Ogni assaggiatore facente parte del panel deve odorare, poi assaggiare l’olio sottoposto ad esame. Deve poi annotare con valori da 0 a 5 del foglio di profilo a sua disposizione l’intensità alla quale percepisce ciascuno degli attributi negativi e positivi. Se percepisce il carattere verde o maturo dell’attributo fruttato, l’assaggiatore contrassegna la casella corrispondente del foglio di profilo.

Nel caso in cui fossero percepiti attributi negativi non enumerati nel foglio di profilo, questi devono essere indicati alla voce «altri» impiegando il o i termini che li descrivono con la maggior precisione possibile tra quelli definiti.

Uso dei dati da parte del capo panel

Il capo panel deve raccogliere i fogli di profilo compilati da ciascun assaggiatore e controllare le intensità assegnate ai diversi attributi (il capo panel può inserire i dati di ogni assaggiatore in un programma informatico per calcolare la mediana).

Il capo panel…

Bibliografia

Schede varietali tratte da: PANNELLI G., ALFEI B., SANTINELLI A., 2001. “Varietà di olivo nelle Marche”, ASSAM.

Caratteristiche chimiche e sensoriali degli oli monovarietali tratti dalla banca dati del sito www.olimonovarietali.it Foto varietà di olivo di Barbara Alfei — A.S.S.A.M.

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Mariano Pallottini

Scrivo di patrimonio culturale, identità e rigenerazione culturale dei borghi, turismo, marketing digitale.