
POTERE E SANGUE NELLA MARCHIA
Tiranni fermani del secolo decimoquarto nel romanzo storico ottocentesco
I TRE ROMANZI DIMENTICATI
POTERE E SANGUE NELLA MARCHIA è una pubblicazione che consiste nella raccolta di tre romanzi storici, pubblicati da tre autori differenti tra la metà e la fine dell’ottocento, aventi per protagonisti tre nobili fermani descritti nel loro ultimo periodo di vita fra la metà e il finire del trecento. Le tre opere sono state riunite insieme a 133 anni dalla loro pubblicazione. Si tratta di un’operazione culturale che perpetua e amplia l’intento degli autori che, sul finire dell’ottocento, intendevano far conoscere un territorio e la sua storia attraverso la forza coinvolgente della narrativa.
Finalmente raccolte insieme, queste opere mostrano un loro valore fondante per la regione Marche che vede nel periodo medievale descritto, segnarsi il proprio destino. Equilibri di forze e poteri che verranno stravolti completamente solo dalle vicende risorgimentali e unitarie del periodo di vita degli stessi autori.
Le tre opere pur convergenti nelle ambientazioni, nei personaggi e negli intenti degli autori, si presentano differenti nello spessore letterario, nella voluminosità (26,7%, 64,6% e 8,7%) e nello stile. Sono opere molto utili a mostrare il fermento culturale ottocentesco di un territorio e una regione orfana del genio letterario di Giacomo Leopardi e proiettata verso la modernità e l’impegno sociale. Pur essendo, questi, dei romanzi storici propriamente detti si collocano oltre la fine del periodo di massima espressione del genere che è convenzionalmente indicato con la data del 1840.

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PUNTI IN COMUNE
Primo punto in comune, tutti e tre hanno per titolo e descrivono le vicende di famosi feudatari e condottieri del Trecento, accumunati dal loro tragico destino e purtroppo condannati, se non completamente alla “damnatio memoriae”, alla descrizione e al giudizio morale poco attendibili degli influenti uomini e cronisti della loro epoca.
Sono uomini dalle grandi ambizioni, o tiranni, espressioni egemoniche di particolari contesti storici caratterizzati dalla latitanza di un potere centrale? Chi sono costoro?
Questi cavalieri sono:
- Mercenario da Monteverde, signore di Monteverde nei pressi di Montegiorgio in provincia di Fermo.
- Gentile da Mogliano, signore di Mogliano in provincia di Macerata
- Boffo da Massa, signore di Massa Fermana in provincia di Fermo.
Il secondo elemento evidentissimo che condividono è il sottotitolo che richiama e stabilisce le ambizioni dichiarate dagli stessi autori nella loro prefazione.
Questi sottotitoli sono:
- “Storia Italiana del secolo decimoquarto” per Mercenario da Monteverde.
- “Storia picena del secolo XIV” per Gentile da Mogliano.
- “Racconto storico del Secolo XIV” per Boffo da Massa.
Si può ritenere che questi sottotitoli siano espressioni di una cronologica evoluzione delle ambizioni degli autori, da una dimensione nazionale ed antiprovinciale, ad una orgogliosamente regionale, per arrivare ad una locale.
Tre “tardi” romanzi storici che sembrano aver colto la lezione importante dei titoli che li hanno preceduti (vedi tab. 1) accogliendo le istanze stilistiche più importanti collocandosi stilisticamente tra i manzoniani e gli scottiani.

LO STILE E I PERSONAGGI
La narrazione si occupa solo apparentemente dei protagonisti dichiarati nel titolo per poi far emergere, alla Manzoni, personaggi umili, non rintracciabili, o questo solo parzialmente, nel lavoro documentaristico degli autori per quanto a volte impreciso o indecifrabile. La lezione Manzoniana non si esaurisce qui. I romanzi mostrano di possedere, seppur a vario titolo, un intento educativo, e tutti esprimono un impegno morale, con gradazioni ed intenti differenti.
I tiranni sono tutti destinati a cadere. Pur meritevoli, come Gentile, stentano a conquistare le masse ed eludere la loro diffidenza. L’autogoverno un fragile vascello in balia dei poteri forti. L’espressione stilistica Manzoniana è più presente nel Ripamonti con le sue descrizioni precise di ambienti e personaggi. Tutti e tre i romanzieri hanno fatto propria la lezione e il gusto scottiano. Sono romanzi scottiani per l’ambientazione medievale, l’avventura, i rapimenti, i duelli, i colpi di scena, l’uso una narrativa più popolare (e in un caso l’edizione in più volumi). I tre romanzi rappresentano un singolare “caso letterario”, con storie e personaggi in corretta successione cronologica, con una narrativa efficace, capace di coinvolgere il lettore, da cui poter enucleare riferimenti morali e ideologici più profondi. Romanzi che eludono le più forti espressioni cattoliche e conservatrici di autori come il d’Azeglio e il Grossi, o repubblicane e progressiste di Guerrazzi e Nievo.
Il Ripamonti si avvicina di più al Guerrazzi cercando nel grande affresco storico tipico di costui, un mezzo per superare i confini provinciali. Il Ripamonti conosceva di Guerrazzi un romanzo in più, la Beatrice Cenci pubblicato nel 1854. I romanzi sono frutto della passione politica maturata nel clima politico risorgimentale nazionale non esauritasi nel periodo post unitario. Se dei nobili Trevisani e Polini conosciamo meglio le idee e l’impegno politico, col Ripamonti ci viene incontro il suo stesso romanzo. Le velleità risorgimentali, le pulsioni repubblicane in senso antipapale e unitarie, riviste dal Trevisani alla fuga da Roma, al momento della formazione della Repubblica Romana, e con le frequentazioni degli ambienti fiorentini, non traspaiono fortemente nel romanzo come invece nelle vicende di vita personale. Del Polini apprezziamo l’impegno sociale di un uomo dalle idee profondamente liberali. Impegno che trova espressione sul fronte dell’attività professionale, con la sua attività di medico attento e scrupoloso a fronteggiare epidemie e malcostume igienico sanitario e su quello storico culturale a ricucire uno strappo identitario ingenerato dal nuovo “status quo unitario”, senza per questo calcare troppo sui caratteri antipapali del suo protagonista. Il Ripamonti utilizza maggiormente la metafora storicistica quale veicolo efficace e immediato per comunicare idee e sentimenti. Idee e sentimenti meno rintracciabili per penuria di informazioni biografiche, nella vita dell’autore. Sebbene comuni siano le tre figure di tiranni, le opere prodotte non sono unanimi a metterli in cattiva luce. Più complesso è il rapporto degli autori con gli antagonisti, i comuni o la chiesa, tanto che solo con Gentile da Mogliano si rivela più esplicitamente il giudizio negativo sul potere temporale e restauratore della Chiesa del trecento. La mano del fato e della giustizia è sempre avversa ai protagonisti. Nei romanzi, i rapporti uomo-donna e la figura femminile medievale, risultano imprecisi perché carenti gli studi in merito dell’epoca di cui gli autori potevano avvantaggiarsi
Comuni nei tre romanzi sono le figure femminili protagoniste pescate nell’immaginario e nello stereotipo trecentesco di donna stilnovista, vagheggiata anche da tanti altri letterati ottocenteschi, oltre che dai nostri scrittori. Il lavoro storiografico dei nostri autori, lacunoso sulla figura femminile, ricalca quello degli storici dei loro tempi, maggiormente interessati al punto di vista politico e biografico. Tutte le fanciulle protagoniste dei romanzi sono più che graziose, fragili ma risolute per virtù morali. Cosa però il destino ha in serbo per loro non è scontato. Il colpo di scena finale utilizzato dai tre autori si abbatte sulle giovani fanciulle in modi disparati, il che può far intendere che ognuno pubblicando il proprio romanzo abbia tenuto conto dei lavori precedenti.
Con le protagoniste i romanzi sembrano permeati da una “pruderie ottocentesca” generata da un equivocato casto e represso Medioevo. Con le altre figure femminili, gli autori in modo differente, portano il lettore in situazioni più carnali e a volte scioccanti.
Il Polini è fra i tre autori quello che calca di più la mano con la descrizione di un incontro di amore adultero e di uno stupro, situazioni presenti ma appena tratteggiate negli altri due romanzi. Il rigore storico interessa profondamente i nostri letterati fermani anche se in maniera differente. Con il Ripamonti e il Polini, la ricerca storiografica si fa più significativa e particolareggiata anche quando meno palese. Il Trevisani si concede più libertà di tutti, privilegiando il plot e l’interesse del lettore all’accuratezza storiografica e filologica. In tutti e tre i casi siamo lontani da certi romanzi storici moderni, accurati e dettagliati. Nonostante che il medioevo fermano sia in generale un periodo pieno di lacune in termini di fonti documentaristiche, o almeno così appare agli stessi autori, Fermo possiede un primato di ricerca storiografica a livello regionale e questo traspare conoscendo la base documentaristica di riferimento. Non dobbiamo essere troppo severi. I romanzi risultano convincenti con le loro descrizioni ben condotte e tutti e tre insieme ci offrono un bello spaccato storico del territorio fermano seppure il medioevo sia più sullo sfondo alle vicende tragiche e d’amore, ai molti personaggi, nell’altalenalte fluire della forza persuasiva e di valori etici fondanti. Un medioevo più decorativo che ‘militante’. Un Medioevo che sarà apparso più oscuro ai lettori dell’ottocento di quanto appaia a noi oggi.
I lettori dell’ottocento potrebbero aver sentito le pagine più vicine e nella lettura ritrovarsi catapultati nel clima di incertezza politica dell’epoca appena trascorsa con le istanze libertarie minacciate costantemente da formazioni armate esattamente come nel medioevo.
Fra meriti e demeriti per la perizia storica espressa, tutti è tre gli autori riceveranno appunti anche postumi. Qualunque critica storiografica va però contestualizzata alla conoscenza e attendibilità delle fonti dell’epoca per sottolinearne il reale valore.
I tre autori vogliono portare alla ribalta nazionale un territorio e le sue storie, rimediare in qualche modo ad una generale sottovalutazione e pareggiare i conti con la storia per conto dei loro personaggi.
L’analisi di questi personaggi all’interno dei romanzi inizia con una semplice constatazione: non sono tutti realmente ed ugualmente protagonisti delle opere a loro dedicate. Tranne che con Gentile da Mogliano, con gli altri personaggi troviamo difficile immedesimarci.
Utilizzano il loro potere solo per raggiungere i loro scopi personali ma sono spesso estranei, nei romanzi, all’infittirsi della trama. Sono circondati da una pletora di personaggi secondari poco raccomandabili. A volte, come Mercenario, sembrano passivi rispetto all’evolversi dei fatti e del contesto sociale.
Sono personaggi che in diversa misura ritroviamo in tutti e tre i romanzi dandoci quasi la sensazione di trovarsi ad un’unica narrazione.
Mercenario da Monteverde è il meno citato dei personaggi in tutti e tre i romanzi. In quello a lui dedicato viene citato 93 volte, nessuna nel Gentile da Mogliano ed una sola volta nel Boffo da Massa.
Gentile da Mogliano è il più citato dei tre personaggi con 621 citazioni nei tre romanzi. Ovviamente la lunghezza dell’opera a lui dedicata spiega anche le ragioni, sono infatti 543 le volte che vi viene menzionato. Anche in Mercenario da Monteverde viene citato ben 77 volte, mentre una sola in Boffo da Massa.
Boffo da Massa è il secondo personaggio più citato nei tre romanzi con ben 292 volte nel complesso. 152 sono le volte che viene citato nel suo romanzo, 136 in Gentile da Mogliano e 4 in Mercenario da Monteverde. Boffo da Massa è anche il personaggio più complesso dei tre ricevendo sostanzialmente un trattamento differente nei tre romanzi. In Mercenario da Monteverde è definito l’Achille dei suoi tempi, invincibile in tutti i tornei, formidabile avversario, sensibile alle virtù morali, capace persino di ammirarle nelle principali figure femminili del romanzo.
Tutt’altro personaggio invece è quello descritto dal Ripamonti nel suo Gentile da Mogliano. In 136 citazioni, Boffo da Massa è descritto come un alleato infido, una persona meschina ed opportunista. Un alleato pronto a lasciare il protagonista in balia degli eventi quando la situazione volge al peggio. Anche con il Polini, Boffo da Massa nel romanzo-racconto storico omonimo non ne esce bene. Boffo fu un noto signorotto del Fermano, vissuto nel corso del Trecento. È ricordato come un personaggio spavaldo e audace, più volte dipinto come arrogante e poco incline agli ideali cavallereschi. Non fu mai un uomo di pace e già da ragazzino, come ci dice il Polini, sognava di apprendere il mestiere delle armi al fine di crearsi un dominio personale. Boffo era temuto e rispettato, ma di certo non era ben voluto neanche dai suoi alleati che a volte si inimicava per il suo prepotente rifiuto di saldare i debiti, soldi ricevuti magari per compiere qualche impresa militare.
Ebbe comunque fama di uomo coraggioso e di certo fu tenuto in grande considerazione dai suoi contemporanei.
E’ rappresentato come un uomo basso di statura ma dalle spalle larghe e dal petto possente, dotato di grande forza e di ancor più grande abilità nel maneggiare le armi. Descritto con le gambe incurvate perché sempre a cavallo, i capelli ricciuti e neri, le sopracciglia folte e occhi piccoli e penetranti, anch’essi neri.
Il Polini invece ci dice che fosse alto e questo raccogliendo la testimonianza di un vecchio Carassanese che partecipò alla traslazione delle sue ossa. Un uomo del suo tempo, un tiranno con una grande smania di potere, mosso forse anche dal sentimento di riscatto, la devastazione delle curtes di famiglia, l’incarceramento di quel Lino da Massa forse suo parente, l’uccisione e la deportazione di tanti uomini legati al suo casato, e la distruzione della Carassai medievale.
Questo spiegherebbe l’accanimento e l’esilio degli abitanti dei castelli conquistati, magari colpevoli di aver dato manforte alle truppe papali di origine bretone che distrussero l’abitato.
Ricambierà favori partecipando alla conquista di Ascoli che aveva largamente contribuito alla devastazione, probabilmente supportato dalle forze al soldo di Castignano, Cossignano, Ripatransone e Porchia che assoggetterà per realizzare il sogno più grande che un uomo abbia mai avuto in queste terre, una signoria.
Boffo era della nobile famiglia di Massa Fermana dei Tebaldeschi, la stessa famiglia che avrebbe potuto offrire alla chiesa il primo papa di Roma dopo quelli Avignonesi se solo fosse stato eletto Francesco Tebaldeschi cardinale della sabina invece che Bartolomeo Prignano salito al soglio come Urbano VI. Chissà se le vicende di Boffo sarebbero state diverse.
Nei documenti storici ufficiali, Boffo da Massa viene citato per la prima volta nel 1360, coinvolto nelle vicende che portarono Gentile da Mogliano a impadronirsi di Fermo.
Personaggio importante, Boffo, compare nell’elenco di Signori del Fermano invitati a una cena tenuta in casa del tiranno nella quale convinse Gentile a impadronirsi di Fermo. Boffo era in grado di stringere alleanze per le sua capacità militari e per la sua smodata ambizione.
Si potevano conquistare i suoi favori o fornendo forza militare per le sue imprese, ricevendo in cambio il medesimo favore, oppure offrendo denari che lui avrebbe utilizzato per assoldare uomini che avevano fatto delle armi il loro mestiere. Boffo fu definito Filium nobilem Virum da papa Urbano VI e poi pochi anni dopo presuntuoso usurpatore delle Terre del Presidato Farfense.
Boffo si distinse come valente uomo d’armi combattendo sotto la bandiera ghibellina e, per i meriti acquisiti sul campo di battaglia, fu accolto con tutti gli onori nella Lega della Repubblica di Firenze, formatasi per fronteggiare gli eserciti assoldati dai pontefici.
Boffo ebbe un ruolo principale nella conquista di Fermo, ideatore, sostenitore e incitatore di quell’impresa volta a scalzare “i personaggi mediocri” che allora governavano la città. Diede lui i tempi invitando tutti a presentarsi sette giorni dopo in armi all’appuntamento. Boffo viene descritto come un crudele tiranno come i fatti della conquista di Castignano ce lo testimoniano, con l’esilio forzato di 300 persone che poteva significare la morte per stenti (se lo stesso Urbano VI non fosse intervenuto per chiederne il reintegro in patria e nei beni).
Un uomo anche senza pietà come racconta il caso di Tommaso Politi. Costui nell’assedio di Ripatransone, dimostrò di avere avuto la fiducia mal riposta e gli uomini di Boffo neanche dovettero consultare il loro capitano per metterlo a morte istantaneamente dopo aver dimostrato di non poter superare le difese della città come millantato.
Contro Boffo o morivi combattendo o venivi esiliato oppure venivi costretto a combattere per lui. Ecco perché Ripatransone fu disposta a raccogliere ben trecento fiorini d’oro (circa 33.000 euro oggi) per sostenere un esercito di diversi castelli che vollero contrastarlo. Forse Boffo, come Gentile e Mercenario, ha subito una damnatio memoriae e oggi lo vediamo ritratto solo come le forze che a lui si opposero ce lo hanno descritto. Boffo, come sembra, cedette al ricatto di Antonio Acquaviva d’Aragona della famiglia dei Duchi di Atri, Ciambellano di Carlo III e Giustiziere d’Abruzzo, che aveva imprigionato il figlio Guarniero per evitare la conquista di Santa Vittoria in Matenano.
Quando nel febbraio del 1387 corse voce che Boffo da Massa avesse stipulato un accordo con i signorotti suoi pari che avevano conquistato Civitanova Marche. I Priori della città di Fermo presero molto sul serio tale sospetto, e secondo l’abate Colucci, incaricarono alcuni sicari di ucciderlo a tradimento. Sarà un fendente di accetta che gli trapassò il cranio. Era il 4 settembre 1387 Ebbe così fine la violenta vicenda di Boffo, che per pochi anni riuscì a fare di Carassai una piccola signoria. Fu seppellito nella chiesa di Sant’Eusebio (demolita nel 1832).
Boffo da Massa, fra i tre romanzi, quello che a confronto può essere indicato più propriamente come racconto con le sue 27.370 parole (contro le 84.056 di Mercenario e le 203.364 Gentile), può essere quello ispirato meno da un intento ideologico e politico dell’autore. Si intravvede forse più un intento divulgativo, anche questo comunque frutto dei tempi e del clima politico post unitario, con cui l’erudito autore intendeva restituire alla sua comunità la conoscenza su un personaggio presente nella tradizione orale.
Possiamo dire che la popolazione di Carassai abbia continuato ad accennare a Boffo Da Massa in maniera continuativa dal 1387 al 1830. Si può affermare con sicurezza perché con la Pieve di Sant’Eusebio ancora in piedi ed utilizzata, si poteva scorgere la sua lapide con “dipinta a fresco la sua figura giacente”. Si trattava di una piccola chiesa, dove una lapide e le tracce di colore che ricordavano un corpo non saranno sfuggite alla curiosità dei bimbi.
La cosa certa è che da quel momento il personaggio di Boffo da Massa sopravviverà al romanzo. I carassanesi ne tramanderanno le vicende confondendo storia e fantasia, man mano che del romanzo si perdeva memoria. Boffo a Carassai sarà stranamente più amato di quanto lo possa essere leggendo la finzione letteraria del Polini.
Sembra che i Carassanesi abbiano sempre gradito identificarsi con una popolazione dedita alle armi seppur assoldata a forza.
La realtà è che in verità lo fu soprattutto negli anni a seguire, tanto che il borgo, ben difeso dalle sue mura, fu scelto da diverse armate, come quella dello Sforza, per stabilirvi guarnigioni. Castrum Guardiae, uno degli storici nomi del luogo ne testimonierebbe la realtà.
I ROMANZI E LA LORO EPOCA
Torniamo alla fine dell’ottocento. Sono quelli, anni mirabili per la narrativa. Sono gli anni dei viaggi straordinari di Verne, dei primi romanzi di avventura di Salgari, dei romanzi storici che abbiamo visto e di quelli realisti.

Il Polini dopo aver condotto i suoi attenti studi, in cui si notano, come già accennato, alcune imprecisioni, intese fare un regalo alla popolazione della sua Carassai. Lo esprime chiaramente nella sua prefazione. Un omaggio che si rendeva necessario.
Siamo in un’italia post unitaria dove l’analfabetismo si aggirava al 60% ma dove i romanzi avevano comunque successo.
La popolazione, un poco come avverrà poi con la televisione, aveva accesso alla narrativa con letture pubbliche svolte innanzi ai camini nei lunghi e freddi inverni dell’epoca o negli oratori dove irrequieti fanciulli si saranno acquietati sentendo parlare di grandi uomini e delle loro straordinarie avventure. Quella della lettura pubblica non era una novità, si innestava sull’antichissima tradizione di letteratura orale del cantastorie, un artista di strada che si spostava nelle piazze e raccontava con il canto una storia, antica o contemporane. Le storie narrate entravano a far parte del bagaglio culturale collettivo di una comunità.
Nel 1909 Ettore Fabietti, segretario della Federazione italiana delle biblioteche popolari, definito l’”apostolo della lettura popolare” per l’opera svolta a favore dell’alfabetizzazione e dell’istruzione dei ceti più umili attraverso l’azione delle biblioteche e delle università popolari, evocava un quadro di vita serale contadina, tanto suggestivo quanto verosimile, che nelle zone dell’entroterra marchigiano è rimasto immutato ancora per decenni:
«Bisogna aver vissuto a lungo tra la umile gente illetterata della campagna per sapere con quale avida appassionata attenzione essa ascolti una voce che legge. D’inverno, sui grandi focolai, presso il lume appeso alla trave fumosa o nelle stalle tiepide dei fiati animali con in giro le donne che filano e gli uomini che attendono agli ingegnosi intrecci di vimini, una voce che legge è un oracolo che parla. Nelle anime incolte vi è un rispetto quasi superstizioso del libro e di ciò ch’esso dice ed insegna»
Ecco cosa rende il romanzo straordinario. Quello che ha fatto il Polini per la popolazione del suo tempo non è pensabile oggi. In questi tempi moderni per ottenere lo stesso effetto impattante, occorrerebbe realizzare una buonissima fiction televisiva sull’argomento.
Il Polini racconta un momento ben preciso della vicenda di Boffo da Massa, il 1387, quella che lo vuole Tiranno di una signoria, stabilmente arroccato a Carassai.
Una Carassai nominata 35 volte nel romanzo (Cossignano 30, Castignano 4, Ripatransone 4) e con le sue zone particolari arriva a circa 50 citazioni.
Ecco come il Polini introduce il paese di Carassai nel capitolo primo: “A quattro ore da Fermo, 15 chilometri lontano dalla costa Adriatica marchigiana, tra il fiume Aso e il torrente Menocchia, in cima ad uno svelto e vago colle sorge il paese di Carassai.” 4 ore da Fermo. In effetti sono circa 21 chilometri che sono percorribili a piedi in poco più di 4 ore.
Poi aggiunge “il Castello della Guardia, o Carnassale, come allora chiamavasi Carassai, era uno dei più forti, dei meglio muniti della regione marchigiana. Grandi mura merlate, spessi fortini, terrapieni, scarpate, tutto lo cingevano intorno. Le sue porte, in numero di 3, aprentisi ognuna tra due baluardi, aveano tutte allo esterno, un ertissimo portone di legno coperto di chiodi dalle grosse capocchie, più in dentro grosse catene di ferro in piombate nel muro e quindi una grave saracinesca che scorreva entro due profonde scanalature.”
Il Polini nel Romanzo ci parla di un castello nuovo abitato sul finire del ‘300 da circa 700–800 persone. Oggi la popolazione si assesta sui 200 individui.
Il Romanzo possiede diversi piani di lettura e quindi credo che possa arrivare a diverse tipologie di lettori. E’ indubbiamente interessante per gli abitanti di Carassai e Cossignano per le vicende narrate.
Contiene elementi storici ed usa un linguaggio desueto che all’orecchio di molti può risultare gradevole come la lettura di un classico. Ci narra dell’amore su diversi piani, c’è l’amore
fedifrago di Donna Mattia con il giovane Biordo, c’è l’amore contrastato e tragico, c’è l’amore non corrisposto, c’è lo stupro che come sappiamo non ha a che fare con l’amore ma con il potere.
Straordinarie sono le note. Ampia è stata la ricerca storica che ha ispirato il Polini. Avrebbe potuto limitare la sua ricerca all’archivio Arcivescovile e invece il Polini si è mosso su tutto il territorio avvalendosi, ci sembra di capire nel romanzo, della collaborazione di storici locali in ogni paese. Un metodo, questo, appreso, forse, dalla lettura del romanzo Gentile da Mogliano che cita e ringrazia tutte le persone nelle ultime pagine del terzo volume.
In alcuni casi si può dire che ebbe accesso a documenti non più esistenti. Ecco che le note di questo romanzo restano una testimonianza unica e speciale. In molti casi però i documenti non solo esistono ma risultano pubblicati dalla biblioteca online di Google e accessibili a chiunque.
A questo si deve aggiungere la grande crisi della lettura in Italia. Solo il 40% degli italiani legge, se pensiamo che molti di questi sono obbligati a farlo essendo studenti, ci rendiamo conto che pubblicare un libro non è certamente un’impresa destinata ad avere successo.
Oggi, essere appassionato di queste materie e desideroso di dare un contributo alla crescita culturale della comunità significa interessarsi del patrimonio sommerso e intervenire con nuova consapevolezza.
Recuperare pubblicazioni di grande interesse divenute di pubblico dominio e dare loro nuova vita.
I romanzi, pubblicati 171, 145 e 133 anni fa, risultano essere non più protetti dai diritti di copyright da oltre 40 anni. Si perdono i diritti su un’opera dopo 70 anni dalla morte dell’autore, e romanzi sono diventati di pubblico dominio.
L’obiettivo è oggi far uscire la storia e le storie dalla prigione di carta in cui sono intrappolate e, in senso inverso, far entrare il mondo reale all’interno delle descrizioni di fantasia o delle ambientazioni di certi fatti realmente accaduti. Questo è possibile con la conoscenza delle nuove tecnologie per portare l’enorme patrimonio culturale alla fruizione moderna, audioguide, siti internet, applicazioni e realtà virtuale. Riportare alla luce dei romanzi, unirli per farne però molto più di un libro.
Come tutti i libri di pubblico dominio, i romanzi apparteneva ai cosiddetti beni comuni da tutelare, rappresenta l’anello di congiunzione con il passato, il patrimonio storico, culturale e di conoscenza di tutto un territori.
Beni da conservare e trasmettere alle generazioni future.
I ROMANZI OGGI
Ristampare dei romanzi, dopo che per oltre 130 anni, non si è sentita la necessità di ristampe e nuove edizioni, sembrava l’ennesima operazione culturale fine a se stessa. Veramente avevamo bisogno dell’ennesimo volume disponibile nelle biblioteche a prendere polvere? Come rendere i romanzo più “visibili”, utili ed interessanti?
La narrativa non è forse la forma migliore di storytelling che si conosca?
Non ci sono molti altri modi con i quali noi possiamo sperare di raccontare un territorio in maniera più efficace.
Non è forse lo storytelling la chiave della promozione turistica efficace?
Utilizzare i Romanzi a fini di promozione turistica significa fare della pubblicazione una Narrativa turistica, una Tourism fiction che si inserisce in un progetto di Turismo Letterario. Il turismo letterario è un tipo di turismo culturale che si occupa di luoghi ed eventi tratti da testi di fantasia e della vita dei loro autori. Ciò include seguire il percorso intrapreso dai personaggi immaginari, visitare uno o più luoghi particolari associato ai romanzi ed agli autori, come la loro casa, o visitare la tomba di un personaggio o di un romanziere. Alcuni studiosi considerano il turismo letterario come un tipo contemporaneo di pellegrinaggio.
turisti letterari sono particolarmente interessati a come i luoghi hanno influenzato la scrittura e allo stesso tempo come la scrittura ha creato il luogo. Il turista letterario è tale per il suo amore per i libri e per una mentalità curiosa.
La narrativa turistica o tourism fiction è un genere di narrativa elaborata appositamente per generare turismo in aree e luoghi specifici. Il salto da semplice romanzo cartaceo o meglio digitale a turismo viene compiuto impostando la finzione in attrazioni reali e includendo brevi guide di viaggio all’interno della storia che mostrano ai lettori come visitare i luoghi reali.
La narrativa turistica può spesso essere confusa con il turismo letterario. Il turismo letterario si riferisce al turismo che si sviluppa naturalmente attorno a luoghi di famose opere letterarie e autori, ma la narrativa turistica si riferisce a opere moderne scritte per promuovere specificamente il turismo.
I Romanzi possono, innanzi tutto, incuriosire ed aver presa sulla popolazione locale dei territori citati.
Ecco l’indicazione delle località citate.
Provincia di Fermo:





Riportarli a nuova vita significa anche diffonderli nei nuovi canali della fruizione letteraria promossi dai nuovi media digitali. Utilizzarli per promuovere il turismo locale, anche se non obbligatoriamente, deve cercare di passare attraverso l’organizzazione di eventi nei territori regionali. La narrativa turistica ha approfittato dei moderni progressi tecnologici nell’editoria, come i libri digitali con collegamenti web incorporati. Romanzi e racconti di narrativa sul turismo digitale possono offrire ai lettori collegamenti web ai siti delle località e dei luoghi. Questo può essere fatto su nuovi dispositivi come Kindle, iPad, iPhone, computer desktop o laptop e altri smartphone e tablet.
l primo romanzo di narrativa turistica con una guida di viaggio digitale completamente integrata è stato Blind Fate di Patrick Brian Miller, pubblicato su Kindle nel 2010 ed in vendita su Amazon a 3,17 euro nella versione ebook. Questo romanzo è ambientato a Montgomery, in Alabama, e offre la prima guida turistica con collegamenti web incorporati all’interno della storia che ha portato a siti Web reali.
Il primo sito web a offrire guide online con collegamenti alle ambientazioni reali dei romanzi moderni è stata la Southeastern Literary Tourism Initiative (SELTI), lanciata nel 2009. SELTI ha offerto ai lettori di articoli di narrativa turistica online con estratti di romanzi a tema turistico, foto dei luoghi reali e brevi guide di viaggio con collegamenti ai siti Web dei luoghi reali.
Il primo romanzo classico a sfruttare la tecnologia della narrativa turistica fu This Side of Paradise: Interactive Tourism Edition di F. Scott Fitzgerald, che offriva guide turistiche sull’ambientazione originale del romanzo dell’Università di Princeton, dove Fitzgerald frequentava la vita reale. Anche questo su Amazon a 1,05 €.
Altri romanzi di narrativa turistica sono in fase di sviluppo che includeranno tali guide di viaggio sia in edizione cartacea che digitale.
SELTI ha inoltre avviato il primo concorso nazionale di narrativa turistica nel 2012, offrendo le prime linee guida accademiche per giudicare la narrativa turistica. Dal 2012, SELTI ha assegnato migliaia di dollari ai vincitori dei suoi concorsi annuali di scrittura. I vincitori hanno ricevuto supporto e riconoscimento bipartisan nel Congresso degli Stati Uniti dal rappresentante repubblicano Bradley Byrne e dal rappresentante democratico Terri Sewell.
Il progetto SELTI ha ricevuto assistenza finanziaria e di risorse, come ad esempio concedere denaro e fotografie, dal governo federale degli Stati Uniti, da vari governi statali e da molti governi municipali nello sviluppo di progetti di scrittura turistica e funzionalità per le attrazioni del sud.
Ecco perché il nostro romanzo si presta ottimamente ad un progetto di turismo letterario ed è naturalmente un’opera di Tourism Fiction che può funzionare.
La narrativa turistica utilizza la creatività degli scrittori per promuovere una regione, un evento o un’attrazione in un’area. Rende vivo il posto al lettore e stimola il desiderio di far parte di quel luogo (o evento).
Il romanzo rispecchiano ed, oppotunamente elaborati, rispecchieranno i suggerimenti per la narrativa turistica dettati dal SELTI:
1. Gli scenari reali prendono vita si spettacolarizzano.
2. La narrazione non esagera con l’aspetto turistico. Non includere troppi luoghi spostando l’attenzione dalla finzione al viaggio. I luoghi sono più incentrati sui personaggi e non sulla scena.
3. Fornire un collegamento: includi informazioni per trovare la location nella vita reale. Possiamo incorporare il link nel tuo PDF, un codice QR nella tua pagina o semplicemente includere un link alla fine della tua storia che offre al lettore la possibilità di scoprire di più.
4. Connetterci con la comunità: far sapere agli amministratori territoriali che stiamo realizzando questo progetto. Incontrare le genti del posto. Inviare copie degli elaborati, e assicurarci di chiedere il permesso per includere i collegamenti.
5. Nel turismo letterario grande importanza è rivestita dagli scrittori e dalle loro abitazioni. Nel caso del Polini, il palazzo storico che diede lui i natali e ospito in vita l’autore si trova negli stessi luoghi del romanzo ed è una struttura ricettiva e sarebbe ottimo offrire ospitalità a turisti letterari non solo in estate.
Per arricchire la godibilità dei romanzi è utile inserire elementi di graphic novel storica. L’idea è quella di assoldare un illustratore che tratteggi i luoghi così com’erano nel trecento, ricostruisca gli edifici scomparsi, dia un volto ai personaggi. Immagini che potrebbero essere utilizzate per le mostre degli eventi promozionali, per la promozione turistica, tavole che possano formare la storyboard di una ipotetica rievocazione storica, lavoro preliminare per una completa graphic novel storica (alla maniera di Patrick Cothias con la sua serie Les Sept Vies de l’Épervier).
Come finanziare tutto ciò? I tempi sono maturi per mettere in campo piccole e spicciole strategie di crowdfunding.
Il progetto, lo finanzieranno gli spiriti più sensibili della comunità acquistando un primo volumetto che verrà numerato e dedicato. Se vorranno potranno donare qualcosa in più per accelerare i tempi di attuazione e facilitare il processo.
Quando il volume conclusivo verrà completato, il nome di queste generose figure, resterà impresso sulla carta senza indicare le cifre donate ma magari nell’ordine di importanza di queste.